Tecnica delle Scale

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PARTE PRIMA – Premessa
Nei vari metodi per chitarra dei Maestri dell’Ottocento si può notare come la tecnica armonica sia presente in modo di gran lunga prevalente rispetto alla tecnica melodica. Accanto alla pletora di accordi e arpeggi le cosiddette “scale”, se non del tutto ignorate, come nell’Op.1 di Giuliani, sono tutt’al più ridotte a due ottave, e non sembrano avere altra finalità che quella di mostrare l’ubicazione delle note sulla tastiera nelle diverse tonalità via via trattate.

Evidentemente, lo strumento al quale venivano riconosciute peculiarità funzionali essenzialmente armoniche, era ritenuto il più adatto a svolgere in maniera ottimale la pratica di accompagnamento, pur se poteva dar vita ad una sua propria letteratura solistica tutta esclusivamente permeata di armonia. Le scale, dunque, agli strumenti monodici a fiato e ad arco o alle tastiere, ma non alla chitarra, alla quale si addiceva meglio arpeggiare a mo’ di lyra, di cetra o di arpa!

Solo a due geniali virtuosi, Paganini per primo e Tárrega dopo di lui, sarà dato scorrere liberamente per lungo e per traverso sulla tastiera della chitarra allo stesso modo da essi usato con il violino e con il pianoforte.

La comparsa di una prima opera didattica concernente lo studio sistematico delle scale nella massima estensione risale al 1910, anno di pubblicazione per  Ricordi B.A. del quaderno Escalas y Arpegios de Mecanismo Tecnico di Domingo Prat.[1]

E’ interessante notare come nella breve prefazione al suo lavoro, l’autore sostenga  che la principale utilità delle sue “formule scalari” sia quella di far conoscere all’allievo la tastiera della chitarra [2] ma, allo stesso tempo, dichiari che è stato spinto alla loro pubblicazione dalla convinzione che queste, insieme con alcuni altri particolari esercizi  considerati dai  maggiori e più rinomati concertisti di interesse primordiale per dominare con facilità lo strumento, [3] siano indispensabili per giungere ad eseguire con scioltezza qualunque opera sulla chitarra.

Anche Andrés Segovia nella prefazione delle sue Scale Diatoniche Maggiori e Minori  apparse solo nel 1953 ma pressoché identiche, seppure in forma più snella a quelle del Prat, esprime la ferma convinzione che la pratica delle scale per almeno due ore al giorno sia utile per impostare correttamente le mani e conferire forza, velocità, indipendenza ed elasticità alle dita.

Venendo ad analizzare più da vicino la tecnica delle scale, può essere interessante notare che Prat, oltre a tracciare diverse traiettorie che la mano sinistra può percorrere per eseguire una medesima scala, propone un cospicuo numero di diteggiature per la mano destra:

Domingo Prat – 12 diteggiature comprendenti il mignolo (k):

im . mi . ma . am . ia . ai . ak . ka . mk . km . ik . ki

Se si può affermare che un esercizio delle scale con così tante diteggiature non abbia più tanto a che vedere con la semplice conoscenza della tastiera, le motivazioni che possano giustificarne la vera utilità sono almeno tre:

1)  l’acquisizione di un’elevata velocità e indipendenza delle due mani;

2)  l’acquisizione di una perfetta sincronia di azione tra destra e sinistra;

3)  l’acquisizione di un’assoluta sicurezza della destra nei passaggi da corda a corda.

Posto che tanto l’acquisizione di un’elevata velocità, indipendenza e sincronia delle due mani si possono ottenere anche lavorando su una sola corda [4] non rimane che arrendersi all’evidenza che il vero scoglio da superare consiste nella difficoltà per la mano destra di passare da una corda all’altra con una precisione messa a rischio continuamente dalla casuale alternanza di passaggi diritti e rovesci in grado di compromettere ad ogni istante la stabilità della mano (Fig.1).[5]

Fig.1 - Passaggi diritti e rovesci.

E’ oggi una consolidata convinzione che la pratica diligente delle scale sia l’unica via sicura per risolvere definitivamente tale problema ma, a denunciarne la discutibile efficacia è la comparsa, nel 1977, di una pubblicazione di Turibio Santos dal titolo: Como Estudar Escalas (Ricordi Brasileira). Tale pubblicazione, posteriore di ben 67 anni rispetto a quella del Prat e di 24 anni rispetto a quella di Segovia, non differisce da entrambe che per l’ulteriore incremento del numero di diteggiature proposte: 10 generate dalle diverse combinazioni delle dita ima più altre 13 includenti il pollice.[6]

Turibio Santos – 23 diteggiature:

im . mi . ma . am . ima . ami . ia . ai . imami . amima

pi . pm . pa . pim . pmi . pma . pam . pai . pia . pami . pima . pmia . pmai.

 PARTE SECONDA – Sulle scale di Segovia
Esaminando l’incipit della scala segoviana di Do maggiore con le 7 diteggiature proposte dal Maestro si può osservare innanzitutto che l’alternanza di due dita contigue non consente di evitare più o meno numerosi passaggi rovesci poiché, come si può notare osservando le prime 4 formule, l’inversione delle coppie di dita produce lo spostamento dei passaggi rovesci (indicati dalle frecce) senza tuttavia eliminarli. [7]

Fig.2 – A.Segovia - Scala diatonica maggiore di Do frammento

Altre non meno importanti considerazioni possono farsi tenendo presente la rappresentazione della mano in Fig.3.

Fig.3 – Asse baricentrico e zone della mano.

  1. Le prime quattro diteggiature interessano coppie di dita che, trovandosi dislocate in due zone opposte rispetto all’asse baricentrico della mano, generano nei muscoli pronatori e supinatori dell’avambraccio effetti torcenti orientati in due direzioni contrarie: ognuno può testimoniare in proprio come le sensazioni muscolari risultino sensibilmente diverse se gli attacchi vengono effettuati con insistenza dalla coppia im o dalla coppia ma. A causa della diversa lunghezza delle due dita impiegate, la mano che si trovi ad agire in maniera perdurante con im o ma non può che tendere a disporsi in assetto obliquo rispettivamente verso sinistra o verso destra per agevolarne l’allineamento stabile sulla corda.
  1. L’inversione del dito di attacco proposta nelle formule n.2 e 4 mira ancora, con ogni evidenza, a superare  l’insicurezza derivante dalla casuale successione dei passaggi rovesci i quali però non scompaiono, come si è visto, ma cambiano semplicemente di posizione.
  1. Le diteggiature n.5 e 6 possono favorire la stabilizzazione della mano poiché la lunghezza pressoché uguale delle dita ia non presenta alcuna particolare difficoltà nei passaggi da corda a corda quale che sia il dito d’inizio, ma l’appartenenza a due opposte zone della mano sottopone i muscoli pronatori e supinatori ad un gioco torcente alternato alquanto impacciato per la fisiologica lentezza della zona ulnare.
  1. La diteggiatura n.7 risultante dall’alternanza di due dita situate in zone opposte della mano (im radiale – am ulnare) mira chiaramente a coinvolgere tutte e tre le dita con un moto oscillatorio delle spinte di torsione a cavallo del dito medio che però, con il suo  frequente intervento e la sua maggiore lunghezza, tende a far sobbalzare la mano ad ogni tocco (Fig.4).

Fig.4 – Per la sua maggiore lunghezza il medio tende a far sobbalzare la mano.

Tale diteggiatura non è dunque da considerarsi una formula pratica per eseguire più velocemente le scale, ma come un esercizio per focalizzare un problema più generale che il chitarrista, prendendone coscienza, è chiamato a risolvere con la pratica giornaliera. Un assiduo esercizio della formula n.7 può forse alla lunga limitare gli effetti di sobbalzo ma una soluzione decisamente migliore e più rapida consiste in primo luogo nel ridurre la frequenza di attacco del medio con la formula speciale imia sulla cui peculiarità conviene volgere una particolare attenzione.

PARTE TERZA – La diteggiatura quaternaria
Il tratto originale della diteggiatura quaternaria imia con i suoi tre rivolti miai, iaim, aimi [8] consiste  nell’uso ridotto del medio che, sempre inserito fra la coppia ia di uguale lunghezza e intervenendo una sola volta su quattro, finisce per assumere e conservare stabilmente una lieve curvatura che consentire ai tre poli  di allinearsi e scorrere agevolmente su una sola corda facendo venir meno il problema dei passaggi rovesci.[9]

Un’ulteriore caratteristica di grande rilevanza della formula quaternaria concerne il suo andamento circolare che, esente da vincoli direzionali, risulta percorribile in tutti i sensi, consentendo l’attacco iniziale con qualsiasi dito (Fig.5), facendo così venir meno quel comprensibile stato ansioso che spesso induce il chitarrista a fissare in anticipo, a scanso di sorprese, un determinato dito di attacco.

Fig.5 – La formula circolare quaternaria

Se bene assimilata, la formula quaternaria non produce alcun effetto di sobbalzo della mano, per cui può sostituire efficacemente e con notevole risparmio di tempo, tutti i numerosi e ridondanti formulari proposti dai più svariati autori.

Applicando la formula quaternaria alla scala segoviana (Fig.6) si può osservare come l’indice, il dito più rapido e sicuro, si trovi ad effettuare la maggior parte del lavoro alternandosi con il medio e con l’anulare che effettuando al pari del medio un solo tocco su quattro, si limita a svolgere un’efficace azione di disimpegno entro i limiti di velocità che gli sono fisiologicamente consentiti.

Fig.6 – Applicazione alla scala di Do della formula

PARTE QUARTA – Melodie articolate
Occorre ammettere che l’idea di doversi applicare sempre più a lungo e con ancor maggiore tenacia alla pratica di un rilevante numero di diteggiature per giungere forse a dominare pochi e ripetitivi modelli di semplici scale lineari ha un che di abnorme difficilmente comprensibile! La radice profonda del problema sta nel fatto che i tratti melodici definiti ancor oggi genericamente “scale” hanno caratteristiche formali molto diverse da quelle classiche, già tanto sottovalutate nell’Ottocento quanto scarsamente presenti nella letteratura del primo Novecento.[10]

Fig.7 – M.Storti - modello di scala tonale per gradi congiunti.

In effetti, le scale tonali per gradi congiunti con andamento lineare e unidirezionale (Fig.7) figurano molto raramente nella letteratura chitarristica di ogni epoca, compresa quella attuale mentre nelle opere moderne sono frequenti , per contro, tratti melodici di tipo tonale, atonale e politonale che per il loro percorso tortuoso e l’immancabile presenza di legature tecniche presentano un’indubbia maggiore difficoltà di esecuzione (Fig.8 e 9).

Che lo studio assiduo delle 24 scale diatoniche semplici in tutte le tonalità sia di reale utilità per affrontare efficacemente la complessità di tali tratti non più definibili come semplici scale può dunque far sorgere, oggi più di ieri, qualche lecito dubbio.

Fig.8 - J.Turina - Fandanguillo. Frammento melodico tonale per gradi congiunti e disgiunti

Fig.9 - B.Britten - Nocturnal. Frammento melodico politonale per gradi congiunti

Per far fronte al diverso e maggiore impegno richiesto dall’esecuzione di simili tratti è forse più opportuno abbandonare lo studio esasperato delle scale lineari per volgersi alla pratica di esercizi di altro tipo miranti a superare in maniera organica e graduale le difficoltà ingenerate tanto nella mano sinistra dalle rapide e frequenti inversioni delle traiettorie, dai salti di posizione e dalle legature semplici e combinate fra intervalli di varia ampiezza che nella mano destra dai passaggi diritti e rovesci da corda a corda.

Le caratteristiche peculiari degli Esercizi di articolazione melodica, scaturiti dalla convergenza tra quelli già proposti nel Dominio delle corde e i 120 Arpeggi melodici  si basano, per quanto concerne la mano sinistra, sullo spiazzamento e la caduta rapida di un dito su una corda contigua che richiede un immediato intervento muscolare di riassestamento per ristabilire il preciso controllo delle prese e delle forze di pressione.

Quanto alla mano destra, la sua azione non è dissimile da quella svolta nella Seconda Serie dei 120Arpeggi melodici, ma qui è richiesto che ogni tocco vada a combinarsi con perfetta sincronia con la concomitante azione estremamente mobile delle dita della sinistra.

Osservando le seguenti Fig.10 e 11 si può notare come nei tratti in salita della prima riga, la diteggiatura della destra corrisponde a quella della formula n.34 dei 120 Arpeggi melodici (caduta in salita dell’ultimo dito), mentre nella discesa si produce un’inversione corrispondente alla situazione della formula n.31 (caduta in discesa dell’ultimo dito).

Lo stesso effetto si presenta anche nelle battute successive, in un gioco vario e continuo di cadute invertite che, complicandosi di pari passo con quello della mano sinistra, conduce finalmente all’impiego disinvolto e sincronico delle diteggiature quaternarie.[11]

Fig.10 - Esercizi di articolazione melodica - Parte I n.1 frammento.


[1] Domingo Prat (Barcellona, 1886-Buenos Aires, 1944) fu allievo di Miguel Llobet.

[2] Nel 1922 Julio Sagreras inserirà le scale di due ottave nelle tonalità più semplici in coda alle“Prime lezioni di  chitarra” riconoscendo di fatto l’utilità di iniziarne precocemente lo studio teorico e pratico.

[3] Non si tratta che di una dozzina di formule tradizionali di arpeggio.

[4] Si vedano i numerosissimi esercizi contenuti nella prima parte dei Libri III e IV del metodo di Emilio Pujol.

[5] Per maggiori approfondimenti:  M.Storti, Trattato di chitarra, Cap.123.

[6] L’impiego del pollice nei tratti scalari, di chiara derivazione liutistica, è realizzabile unicamente con un tocco di spinta laterale proprio delle strutture arpeggiate ma inadeguato, in questo caso, a generare un efficace gioco dinamico (v.Trattato di chitarra, Cap.12).

[7] Per maggiori dettagli vedasi il capitolo  Il gioco nascosto delle mani.

[8] Per maggiori chiarimenti sul processo di acquisizione e la pratica della formule quaternarie:  M. Storti, La nuova tecnica delle scale (Carisch).

[9] E’ forse superfluo sottolineare l’importanza di ridurre al minimo la lunghezza dell’unghia del medio.

[10] Basti pensare che nei sei volumi delle Lezioni del Sagreras le scale degne di questo nome si possono contare sulle  dita di una sola mano!

[11] Per uno studio metodico, progressivo e integrato è bene attenersi alla scansione indicata nella tabelle programmatiche incluse nel testo Scuola della chitarra, vol.I.