L’insegnante che voglia guidare l’allievo seguendo un corretto e completo iter formativo deve poter disporre di un apparato metodologico che contempli in maniera equilibrata lo sviluppo dell’abilità manuale, dell’intelligenza musicale e della sensibilità artistica.
Una chiara distinzione fra questi tre aspetti può servire a chiarire la ragione per cui nei vari Corsi del Metodo Analitico Strutturale venga dato tanto spazio al repertorio didattico solistico e d’insieme. Se la graduale acquisizione dell’abilità manuale è resa possibile da una lunga e assidua pratica degli esercizi contenuti nei numerosi testi di tecnica, per lo sviluppo dell’intelligenza musicale e della sensibilità artistica non v’è altro da fare che applicarsi con altrettanta assiduità allo studio di un cospicuo e vario repertorio didattico le cui pagine siano come tante finestre da aprire sul più variegato panorama musicale.
Posto come fondamentale principio metodologico che l’introduzione di ogni nuova acquisizione tecnica debba trovare un’immediata applicazione musicale, il principio logico di ordine superiore che ne consegue è che ogni nuovo brano proposto allo studente non debba avere un grado di difficoltà superiore alle sue attuali capacità. Cedere alla tentazione di consentirgli l’approccio al pezzo “bello” e lungamente desiderato (vuoi il Capriccio arabo, Asturias, la Fuga di Bach, le variazioni sul Flauto magico, ecc.) o come spesso accade, assegnargli prematuramente i brani richiesti dai programmi di determinati esami pre-accademici o finali significa condannare l’allievo ad un dilettantesco e accanito lavoro di demolizione di difficoltà superiori alle sue forze, con grave e dispendioso investimento di tempo.
Se ciò si verifica, significa che il percorso di apprendimento presenta gravi lacune di fondo che sono principalmente:
1. poca dimestichezza con la lettura;
2. carenze tecniche di fondo;
3. assenza di un chiari concetti formali;
4. povertà di immaginazione;
2. carenze tecniche di fondo;
3. assenza di un chiari concetti formali;
4. povertà di immaginazione;
5. mancanza di senso poetico.
Proviamo ad esaminare ciascuno dei quattro punti.
1. Difficoltà di lettura. Da un programma di studio che pretenda procedere gradualmente dovrebbe risultare che se un bravo principiante può leggere degnamente, in una settimana, un pezzo di poche righe, uno studente del II anno dovrebbe saper decifrare altrettanto degnamente, in una settimana, un pezzo di una pagina intera; uno studente del IV anno almeno due pagine; uno studente del V tre pagine e così via, fino allo studente del corso medio/superiore che dovrebbe essere in grado di decifrare nello stesso arco di tempo, cinque o più pagine.
2. Carenze tecniche. Quando non siano da addebitarsi a limiti di natura fisiologica, esse non possono derivare che da una pratica limitata, disordinata o lacunosa degli esercizi melodici, armonici e contrappuntistici proposti nelle varie tappe di studio.
Le mani sono strumenti intelligenti in grado di svolgere i compiti più delicati e complessi purché vengano fornite loro fornite indicazioni chiare ed univoche. Solo a queste condizioni esse sono in grado di acquisire in tempi rapidi una funzionalità altamente efficiente. Giova pertanto sottolineare l’importanza di insistere sugli esercizi concernenti legature, barré, arpeggi, accordi, salti di Posizione fino a raggiungere o quanto meno approssimarsi a velocità metronomiche elevate quali possono essere richieste in molte opere musicali. Vale il principio che l’insistenza su daterminati esercizi può cessare solo quando la loro esecuzione sia diventata veloce e facilissima.
3. Carenze di senso formale. Suonare brani musicali senza conoscerne a fondo la struttura, con le conseguenze di ordine agogico, dinamico e timbrico che ne derivano sul piano del fraseggio e dell’espressività, non può che generare esecuzioni “dattilofoniche” prive di una chiara intelliggibilità e dunque incapaci di comunicare agli ascoltatori il senso della musica.
4. Povertà di immaginazione. La musica può raccontare, descrivere, cullare, far ridere, far piangere, far danzare, far sognare, infondere paura o coraggio, suscitare ricordi o semplicemente, come dice Honegger, … “arredare il tempo”: non occorre scomodare Platone: questa è la nostra esperienza di ogni giorno. E’ compito dell’interprete sensibile cercare di scoprire l’anima segreta della pagina musicale per appropriarsene e svelarla, con tutti i mezzi della magia strumentale, a chi l’ascolta.
5. Mancanza di senso poetico. Come interprete musicale, lo strumentista deve saper recepire il senso di una pagina scritta che però non può mai essere rispondente completamente e unicamente al pensiero dal compositore. Se tale è la ragione per la quale interpreti diversi realizzano esecuzioni diverse senza nulla togliere al valore dell’opera, vuol dire che ad un esecutore è consentito intervenire entro lo spazio ristretto di tale diversificazione mettendo in gioco la sua più profonda sensibilità.
Dove vada a parare questa lunga premessa è presto detto. La durata del corso di chitarra è stata giustamente prevista di 8/10 anni e non è logico che di questi, almeno la metà vengano spesi per “digitare alla meglio” una misera ventina di pezzi trascurando aspetti essenziali per la formazione artistica dello strumentista. Attraverso lo studio di un appropriato repertorio didattico sempre adeguato alle maggiori disponibilità tecniche via via acquisite e costituito da opere diverse per epoca, autore, genere e forma, è possibile utilizzare in modo redditizio il lungo tempo disponibile, offrendo allo studente l’opportunità di completare, di pari passo con la sua formazione strumentale, la sua formazione artistica.
Non va inoltre dimenticato che se la chitarra possiede un vasto repertorio originale ottocentesco e moderno, “in essa col passar del tempo, si sono venuti a sedimentare i valori essenziali di nobili strumenti decaduti [sic] (liuto, vihuela e chitarra barocca) dei quali raccoglie l’eredità senza rinunciare al suo carattere e a quanto deve al popolo per le proprie origini” (De Falla). Da questa autorevole considerazione emerge l’esigenza culturale di includere nel repertorio didattico, oltre alle pagine di musica antica, le opere dei Maestri dell’Ottocento, comprese quelle di origine popolare con le rispettive peculiari connotazioni storiche e stilistiche.
Non deve quindi sembrare pletorico l’elenco dei numerosi pezzi proposti nelle Tavole Programmatiche dei vari Corsi, dalle Miniature slave alle Bagatelle in Rondò, dai Jeux d’enfants alle Pagine scelte con i Sanz, i De Visée e i Roncalli, dalla Miniantologia di musica antica al Metodo secondo con le variazioni su melodie popolari.
Oltre a queste tante finestre da aprire sul più variegato panorama musicale, un posto di grande rilievo spetta infine alle trascrizioni del trittico barocco-classico-romantico Primo Bach, Mozartiana e Album per la gioventù di Ciaikowski dall’innegabile valore formativo tecnico-artistico.