Una disamina dei rapporti funzionali di scambio fra lo strumento, le mani e la mente del chitarrista può partire dall’osservazione della disposizione lineare dei tasti ordinati per intervalli di semitono ma di ampiezza decrescente dal grave all’acuto. Si è convenuto di suddividere la tastiera in gruppi di 4 tasti contigui o Posizioni come spazio ideale per effettuare la collocazione più naturale della quaterna digitale 1-2-3-4 (Fig.1). Le Posizioni sul manico sono 9 e vengono identificate in base al numero del tasto nel quale va a collocarsi il dito 1. [1]
Un medesimo intervallo musicale può venire replicato tal quale in diverse Posizioni ma non può mai risultare geometricamente identico per l’irregolare ampiezza dei tasti prescelti. Ne consegue da un lato la necessità di allargare le dita nelle posizioni gravi e richiuderle nelle posizioni acute mediante una variazione opportuna della forza divaricante della mano e, d’altro lato, la necessità di mantenere invariato l’assetto frontale di questa durante lo scorrimento dalla zona grave alla zona acuta e viceversa mediante un continuo e delicato gioco alterno di torsione dell’avambraccio. [2]
E’ ovvio che una rapida e totale presa di possesso fisico della tastiera non può che passare dalla pratica assidua e precoce dei salti di posizione che, figurando piuttosto raramente tanto nelle prime pagine dei metodi che nel primo repertorio didattico, può venire effettuata ricorrendo ad esercizi specifici come quelli proposti nelle 13 Lezioni melodiche della prima parte del testo Il dominio delle corde (Fig.2).
Osservando attentamente la Fig.3, recante la numerazione dei tasti sul manico, è possibile comprendere meglio il gioco incrociato delle Posizioni messo in atto in tali esercizi: l’esatta ubicazione di ciascun tasto viene messa a fuoco per via sensoriale praticando lo scorrimento in salita e in discesa di ciascuna delle Posizioni tra P1e P9.
Malgrado la loro apparente semplicità, gli esercizi di questa e di tutte le successive Lezioni melodiche presentano una ricca varietà di elementi tecnici e musicali che meritano un puntuale e approfondito esame.
Occorre notare innanzi tutto che, a differenza dell’abusato procedimento di salire e scendere lungo il manico tasto-per-tasto (procedimento prolisso quanto inutile in quanto muovere dal I al II, dal II al III, dal III al IV e così via, non dà luogo ad alcuna sensibile differenza), [3] la pratica di salti alterni e di ampiezza variabile finisce per conferire alla mano e al braccio una pronta elasticità di azione e un’estrema precisione. Con tale pratica lo studente può giungere gradualmente al pieno possesso della tastiera sotto l’aspetto mentale (concentrazione e controllo dell’alternanza delle Posizioni), cinestesico (precisione dei gesti), sensoriale (valutazione fisica della distanza fra i tasti) e acustico (percezione e riconoscimento degli intervalli musicali) portando a compimento un processo di totale interiorizzazione dello spazio strumentale. [4]
Un ulteriore e significativo effetto di grande importanza è di natura psico-affettiva. Si sa che la scala musicale non è da considerarsi soltanto una sequenza lineare di toni e semitoni ma anche il risultato di una sovrapposizione di intervalli, ciascuno dei quali dotato di un proprio e peculiare connotato emotivo. L’esecuzione di una scala può indubbiamente generare nel suo insieme un diverso stato emotivo a seconda che sia di tipo tonale, pentatonico, esatonale, cromatico, modale, ecc., ma l’esecuzione di esercizi come quello illustrato in Fig.2 si configura come un gioco di intervalli che per varietà, ampiezza e direzione sono tali da generare un vero e proprio effetto caleidoscopico di sensazioni affettive. [5]
In conclusione, la pratica dei salti cessa di essere una questione di barrette e di millimetri per diventare l’esito spontaneo e naturale di precise e delicate azioni neuro-muscolari:
- l’ampiezza e la direzione degli intervalli musicali trovano una precisa corrispondenza nell’ampiezza e nella direzione dei gesti;
- l’altezza dei suoni trova un’esatta corrispondenza nelle attese dell’orecchio e del sentimento.
E infine, scongiurata l’ insormontabile paura dei salti, la diteggiatura può sottrarsi alle seduzioni della facilità per riacquisire tutti quei connotati di espressività che sono la più preziosa e rara peculiarità della chitarra. [6]
[1] N.B. Il numero indicante la Posizione, ad esempio P6, indica che il dito 1 va collocato al VI tasto anche se il primo dito chiamato a disporsi sulla corda per suonare sarà il 2 (P6+1tasto); il 3 (P6 +2 tasti); o il 4 (P6 +3 tasti).
[2] Per maggiori approfondimenti si veda M. Storti: Trattato di chitarra, Cap.51.
[3] Introdotto forse da Tárrega che lo utilizzò per alcuni suoi esercizi di barré, tale procedimento è stato adottato senza riserve da tutti i suoi allievi e introdotto in quasi tutti i metodi successivi.
[4] “Imparare uno strumento significa interiorizzare lo spazio strumentale tramutandone la forma visibile in forma vissuta” (G. Brelet, L’interprétation créatrice).
[5] “Dal punto di vista quantitativo gli intervalli do-sol in salita e sol-do in discesa hanno lo stesso valore poiché il numero di gradi che separano le due note è identico, ma dal punto di vista qualitativo essi sono diversi poiché l’intervallo ascendente suppone una tensione , uno sforzo, mentre la discesa suscita un’impressione di rilassamento; questi intervalli possono dunque provocare, per associazione, tutta una gamma di emozioni opposte come la gioia e l’esaltazione o la tristezza e lo sconforto, i cui valori sono molto cangianti e molto vari anche dal punto di vista dinamogenico. (E. Willems, L’orecchio musicale).
[6] Troppo spesso abbiamo assistito allo svilimento delle magistrali diteggiature segoviane dettato, il più delle volte, da un’ inconfessabile paura dei salti di Posizione!