L’idea che l’esercizio degli arpeggi come quelli dell’Op.1 di Mauro Giuliani sia di fondamentale importanza per un primo approccio allo studio della chitarra trova una sua indubbia giustificazione sul piano storico-musicologico ma alla luce delle esigenze di un repertorio contrappuntistico moderno presenta dei seri limiti che una pratica giornaliera, per quanto assidua, non può superare.
Innanzitutto va osservato che chiunque si applichi giornalmente alla pratica di tali arpeggi non può non rendersi conto che l’insistenza esclusiva e protratta sul solo tocco libero (Fig.1) conduce infallibilmente all’assunzione di un’accentuata curvatura delle dita che ne limita di molto l’efficienza sul piano dinamico-timbrico creando inoltre un grave intralcio quando si debba effettuare un repentino passaggio da un tratto armonico arpeggiato ad un tratto melodico da eseguire con le dita più distese in tocco appoggiato (Fig.2 e 3).
Per quanto premesso, si deve convenire che se la pratica dei 120 arpeggi di Giuliani può essere utile limitatamente alla fase di primo approccio allo studio della chitarra, può non di meno risultare dannosa qualora venga protratta per oltre un anno. Per acquisire una tecnica della mano destra di livello superiore è necessario andare oltre la pratica delle semplici formule armoniche in tocco libero per passare quanto prima ad una seconda fase con la pratica di formule melodico-armoniche in tocco misto, ovvero comprendenti almeno un tocco appoggiato, come quelle rappresentate in Fig.4.
Infine, quando si voglia dare un nome al libero gioco delle dita svincolato da qualunque rigidità strutturale prestabilita, non può esservi termine più appropriato che quello di arpeggio a dita sciolte. Mettendo a confronto il gioco digitale richiesto per effettuare una concatenazione di arpeggi armonici con quello richiesto per effettuare una concatenazione di arpeggi a dita sciolte (Fig.5 e 6) si deve rilevare quanto la diteggiatura del primo risulti ordinata, uniforme e costante a fronte della seconda che, per il suo andamento estemporaneo, è tale da non consentire alcuna preordinata formulazione.
In tal caso, data l’evidente impossibilità di adottare una qualsiasi delle consuete formule d’arpeggio, lo studente si vede costretto a passare ad una terza fase di studio e ricercare una propria diteggiatura (qualora non figuri già sullo spartito) alla quale dovrà poi attenersi con la massima attenzione per evitare il rischio di mancare i vari e numerosi attacchi (Fig.7). In definitiva una tale ultima soluzione, apparentemente rassicurante, finisce per generare ulteriori e più numerose complicazioni.
La sola alternativa di gran lunga più valida per giungere ad una disinvolta e totale libertà della mano destra nell’esecuzione di arpeggi a dita sciolte passa per la pratica propedeutica di esercizi da eseguire con particolari formule circolari a tre dita (Fig.10).
Tali formule, risultanti dall’accostamento delle coppie im e ia consistono nell’unico modulo quaternario imia assunto come fondamentale con i relativi rivolti miai, iaim, aimi (Fig.8).
Come si può notare, il dito medio che interviene una sola volta su quattro e sempre inserito fra la coppia indice/anulare di uguale lunghezza, con una pratica adeguata e protratta finisce per assumere stabilmente una lieve curvatura che “accorciandolo” consente un perfetto allineamento basilare dei tre poli e una conseguente totale libertà nei passaggi rovesci da corda a corda (Fig.9).
Infine, un ulteriore vantaggio di straordinaria utilità deriva dalla percorribilità della formula sia in senso orario che in senso antiorario per cui, quale che sia il primo dito d’attacco, il moto continuativo delle dita si sviluppa sempre secondo la medesima scansione quaternaria (Fig.10).