Matteo Carcassi Studio Op.60 n.13

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Matteo Carcassi Studio Op.60 n.13

Si ritiene generalmente che il primo passo da fare quando si voglia aiutare uno studente a capire e trasmettere il senso di ciò che suona, consista nell’istruirlo sulla cosiddetta “analisi formale” della pagina musicale, ossia nel fargli conoscere il tema principale, la sua articolazione in frasi e semifrasi nonché le sue evoluzioni e metamorfosi armoniche, ritmiche, tonali e modali. Questo che sembra un compito elementare, richiede in realtà da parte dell’allievo una conoscenza basilare della teoria musicale e della tecnica compositiva, cose fondamentali che però poco o nulla hanno a che fare con la viva pratica strumentale.
Proporre ad uno studente una dotta disquisizione formale su una pagina di Giuliani o di Carcassi è indubbiamente utile ma al fine di una corretta esecuzione pratica è indispensabile una “analisi strutturale” del pezzo tanto nella sua interezza che nei vari elementi costruttivi, al fine di individuare le modalità tecniche più adeguate per un’esecuzione chiara, intelligibile e comunicativa.
Si tratta dunque di illustrare all’allievo il tipo di struttura del pezzo (melodica, armonica, contrappuntistica, composta), il suo carattere (virtuosistico, espressivo, ritmico, descrittivo, ecc) e, di conseguenza, mettere a fuoco i vari strumenti della tecnica meccanica ed espressiva da impiegare di volta in volta (tipo di tocco, staccato, legato, dinamica, colore, vibrato, smorzato, cesure ecc.) per dar vita alla pagina scritta e trasformarla da piatta “carta geografica” in solido e colorato “plastico sonoro”.
Il seguente Studio Op.60 n.13 di Matteo Carcassi si presta ottimamente per una dimostrazione pratica di analisi strutturale.

Matteo Carcassi Studio Op.60 n.13

 


Matteo Carcassi Studio Op.60 n.13

La lettura di questo Studio potrebbe facilmente trarre in inganno un interprete superficiale indotto ad immaginare che, come sempre, la melodia sia sulla prima corda o magari al basso, dato l’evidente procedere lineare delle note con il gambo all’ingiù. Un esame più attento rivela invece chiaramente che si tratta di una struttura composta a tre voci in cui quasi tutti gli incessanti Mi sulla prima corda rivestono per  lunghi tratti una semplice funzione di pedale mentre i bassi, con la loro continuità, danno vita ad una linea di “controcanto” per terze o per seste. In realtà, il vero tracciato melodico principale va ricercato prevalentemente sulla seconda e sulla terza corda, come qui evidenziato:

Matteo Carcassi Studio Op.60 n.13

Con ogni evidenza, un’esecuzione che si limitasse  ad una semplice esecuzione di arpeggi con un tocco indifferenziato risulterebbequanto mai piatta e monotona. Qui, più che mai, la collocazione della melodia per tratti più o meno lunghi sulle due corde interne acuisce la difficoltà di farla emergere con la dovuta evidenza, seppure con estrema discrezione per evitare inopportune sforature. Solo un ben calibrato tocco teso applicato alle note del canto in  combinazione con un lieve tocco libero delle altre note può conferire a questa pagina il suo vero carattere di Studio melodico6.

Non va ovviamente ignorata la necessità di attuare, oltre  al gioco dinamico, il gioco timbrico qui suggerito dalle indicazioni di colore7.

Un’ultima precisazione riguarda la cadenza finale: per effettuarne una chiara esecuzione occorre mettere in rilievo, attenendosi comunque all’indicazione rall. e p, le cinque note marcate con una crocetta, compreso il Do diesis nell’accordo.

6 M.Storti: L’arte della  mano destra, Lez. VII.

7 M.Storti: Trattato di chitarra, Cap.84.