PREMESSA
La chitarra, di incontestabile origine popolare, deve la sua grande diffusione anche al suo carattere di strumento facile e ideale per accompagnare il canto e la danza. La metodologia seicentesca della chitarra battente, finalizzata a tale funzione, consisteva essenzialmente nel mostrare come creare con le dita della mano sinistra le figure accordali più adusate, indicate con una lettera d’alfabeto, e come realizzare le figure ritmiche principali percuotendo le corde ”a botte” con la mano destra (Fig.1).
Non molto diversamente veniva considerata la chitarra due secoli dopo: ecco un passo di quanto scriveva Hector Berlioz nel suo Trattato di strumentazione del 1844:
“Essendo la chitarra sopratutto uno strumento d’armonia, è cosa importantissima di conoscere gli accordi ed in conseguenza gli arpeggi che può eseguire”.
La conformazione di tali accordi si presentava in maniera pressoché uniforme: le note di basso, assegnate esclusivamente alle tre corde gravi andavano eseguite con il pollice; le tre rimanenti, disposte rigidamente in forma stretta, ossia su corde vicine, andavano eseguite con indice, medio e anulare (Fig.2).
L’assidua pratica ripetitiva di tali figure, tipiche di poche tonalità più agevoli, finiva per generare, allo stadio di riflesso condizionato, una specie di prontuario del prêt-à-jouer che garantiva al chitarrista la disponibilità di un certo numero di immagini motrici mentali realizzabili con rapida immediatezza nelle più comuni situazioni musicali. Le configurazioni accordali anomale rispetto alla suindicata disposizione canonica delle voci, venivano considerate difficili e sconsigliate se non del tutto ignorate.
E’ da tale sistema accordale che presero avvio tanto lo sviluppo della letteratura solistica ottocentesca quanto la solida e ultrasecolare metodologia didattica rappresentata dai Metodi di Carulli, Carcassi, Molino, Giuliani, Aguado e Sor [1] sulla quale non pochi maestri basano ancor oggi il loro insegnamento, incuranti del fatto che la comparsa di figure armoniche dissonanti un tempo inammissibili (Fig.3), la nascita della politonalità e della atonalità nonché la scoperta di una più impegnativa vocazione contrappuntistica della chitarra, abbiano finito per metterne in luce gli attuali limiti. [2]
Il graduale processo di allentamento della rigida struttura accordale in forma stretta, ancora adottata sul finire del secolo da Napoléon Coste (Fig.4) avrà inizio con Giulio Regondi (Fig.5) per giungere a compimento con le opere di Francisco Tárrega (fig.6).
L’evidente accresciuta complessità delle strutture armoniche non poteva che esigere un adeguato aggiornamento della tecnica strumentale e un conseguente nuovo orientamento della didattica verso procedimenti capaci di restituire alla mente e alle dita di entrambe le mani una pronta e totale libertà di concezione e di azione.
Tecnica accordale della mano destra.
Ciò che balza maggiormente all’evidenza osservando la trascrizione tarreghiana del brano di Bach illustrato in Fig.6 non è tanto la complessità della struttura armonica quanto la cangiante dislocazione delle voci sulle corde che denota il totale abbandono della configurazione stretta degli accordi rivelando un’assoluta libertà di utilizzo dell’intero spazio esacordale. Fatta salva la posizione della voce acuta, da suonare sulla prima corda con l’anulare, le posizioni delle altre voci si presentano quanto mai varie e tali da obbligare le dita a frequenti modificazioni della curvatura a discapito della stabilità della mano qualora questa non sia disposta nell’assetto più funzionale (Fig.7). [3]
Per conferire alla mano e alle dita la precisione e la prontezza richieste dai frequenti cambi di corda e di tocco quali si presentano nella letteratura chitarristica moderna è necessario che lo studente abbandoni l’esclusiva pratica giornaliera di accordi e arpeggi in forma stretta (come quelli dell’Op.1 di Mauro Giuliani e dell’Op114 di Carulli) per applicarsi anche allo studio di appropriati esercizi su corde late come quelli che figurano nelle Lezioni VIII, IX, X e XII del testo 12 Lezioni di tecnica superiore (Fig.8, 9,10). [4]
Se praticati per un certo tempo e con la dovuta assiduità, tali esercizi mettono in grado lo studente di superare in poco tempo una delle maggiori difficoltà che sorgono al momento del primo approccio alla letteratura musicale tarreghiana e bachiana.
Tecnica accordale della mano sinistra.
La formazione di una figura vincolata come quella mostrata e schematizzata in Fig.11 richiede alla mano una forte tensione divaricante per allargare le dita e, allo stesso tempo, una forte pressione frontale per bloccare le corde contro il piano della tastiera. Quando il chitarrista non abbia ben chiara l’idea della netta distinzione direzionale di queste due forze [5] è indotto ad afferrare il manico esercitando una pressione indistinta e spesso eccessiva per mantenere ben salda la figura. Ciò può accadere in particolare nel caso di prolungati tratti armonici arpeggiati quando, per alleviare la fatica di una persistente tensione divaricante, lo studente tende ad esercitare istintivamente una forza di pressione eccessiva sulle corde per impedire lo scorrimento all’indietro dei poli grazie ad un alto grado di aderenza.
Per chiarire bene, in via preliminare, quale senso preciso si debba attribuire al termine di pressione ci si può attenere alla semplice e concisa definizioni che ci viene dal dizionario:”Azione esercitata su una superficie da una forza premente”. Dunque, premere non deve significare né afferrare né impugnare il manico per tenerlo stretto, ma esercitare una pressione delle dita in direzione nettamente e unicamente frontale rispetto al piano di tastatura. [6]
Assodato per via sperimentale che la forza di pressione sufficiente per cavare da una corda un suono nitido è di circa 350 grammi [7] va osservato che nella situazione rappresentata in Fig.12 il solo dito in grado di esercitare tale pressione ottimale è il 2 in quanto, oltre a risultare collimante con l’asse baricentrico della mano, si trova ad agire in diretta opposizione al pollice. Le altre dita, i cui poli vengono a trovarsi discosti dall’asse, sono obbligate ad esercitare una forza alquanto maggiorata (in proporzione della distanza dall’asse baricentrico della mano) per generare comunque all’estremità di ciascun polo la forza minima obbligata di 350 grammi. [8]
Ciò premesso, rimane da chiedersi in quale modo sia possibile garantire che l’intera mano non eserciti una forza eccessiva e che la pressione di ogni singolo dito, variamente dislocato, non risulti né inferiore né superiore al preciso valore minimo obbligato di 350 grammi. Considerando per ora la semplice situazione statica di una presa accordale come quella di Fig.11, un modo semplice per valutare per via meramente sensoriale l’entità delle forze e la loro uniforme distribuzione, consiste nell’alternare figure libere e figure vincolate praticando lo staccato di sinistra come illustrato in Fig.13.
Analizzando più da vicino tale azione, va detto che la formazione preventiva della prima figura libera a non basta di solito a garantire che i quattro poli vadano a cadere in figura vincolata b con perfetta simultaneità e con una forza di pressione che non sia né carente né eccessiva. Solo le successive figure libere c ed e, conseguenti allo svincolo delle figure b e d consentono di perfezionare l’assetto dei singoli poli che, avendo già “saggiato” il piano della tastiera, vanno a ricadere sulle corde in figura vincolata f con estrema precisione e con una forza di pressione perfettamente calibrata.
Esercizi di tecnica accordale
I concetti fin qui teorizzati vengono puntualmente ripresi e messi in opera nel testo Tecnica fondamentale degli accordi [9] sotto forma di esercizi elementari per la pratica dello staccato di sinistra applicato con particolari modalità di studio alle classiche figure accordali dell’armonia tonale. Il fondamentale e innovativo procedimento di studio ivi proposto consiste nell’alternare figure libere e figure vincolate ad un fine duplice: [10]
1° – Sviluppare la velocità dei muscoli estensori della mano e dell’avambraccio per effettuare lo svincolo rapido delle figure;
2° – Acquisire, grazie alla dilatazione dei tempuscoli di stacco tra le figure accordali successive, una precisa ed efficace gestualità (Fig.14,15,16)
La pratica assidua di tali esercizi, condotta in maniera intelligente ed accurata, osservando esattamente le indicazioni metronomiche, realizzando puntualmente le pause scritte ed attuando lentamente le opportune azioni di rotazione, divaricazione, distensione e contrazione nel cambio delle figure [11], lungi dal generare la pesante fatica che risulterebbe dall’impiego mal gestito di forze eccessive e prolungate, finisce per tradursi in una gestualità calma, precisa e di grande efficacia funzionale, applicabile in qualsivoglia situazione musicale, tanto melodica che armonica o contrappuntistica.
[1] E’ lo stesso Fernando Sor (1778-1839) che racconta: “All’inizio, mi limitavo ad usare la chitarra come strumento per accompagnare il canto ma, a forza di fare accompagnamenti, mi trovai a disporre di numerose posizioni accordali”.
[2] Anche il cosiddetto Metodo di Julio Sagreras, di largo impiego, è costruito interamente sul reticolo di figure accordali del vecchio “catalogo” tonale.
[3] Sulle figure di dislocazione, v. M.Storti, Trattato di chitarra, Cap.66.
[4] M.Storti:12 Lezioni di tecnica superiore, testo incluso in SCUOLA DELLA CHITARRA, vol.II (Carisch).
[5] La forza divaricante è parallela al manico, mentre la forza di pressione è perpendicolare al manico per cui la mano può essere in divaricazione senza premere, come può premere in totale assenza di divaricazione.
[6] La naturale tendenza ad afferrare e stringere il manico della chitarra si attenua con l’aumentare della sua larghezza e svanisce del tutto, altrettanto naturalmente, quando si abbia a che fare con un liuto barocco o una chitarra a 10 corde.
Su tale constatazione si basa il mio progetto di una chitarra speciale per giovani principianti con il manico profilato come un mezzo manico di liuto (Modello Regondi, realizzato da G.Giussani nel 1977). Vedi articolo pubblicato in questo sito.
[7] M.Storti, Trattato di chitarra, Cap.36.
[8] L’entità della forza aggiuntiva non è ovviamente costante, variando di volta in volta per la mutevole dislocazione dei poli 1, 3 e 4. Va inoltre precisato che la posizione dell’asse di contropressione (coincidente, in fig.13, con il dito 2) può andare soggetto a più o meno lievi spostamenti fino a collimare con il dito 1 quando questo si disponga a barré. Per maggiori dettagli, vedasi M.Storti:Trattato di chitarra, Cap.36.
[9] Edizioni Curci. Livello di studio: 3°/4° anno.
[10] Lo staccato di sinistra, che si effettua allentando la pressione delle dita sulle corde senza tuttavia staccarsene, non è che l’effetto prodotto dall’alternanza tra stato libero e stato vincolato di una determinata figura.
[11] Vedasi M.Storti, Primo contrappunto, testo incluso in SCUOLA DELLA CHITARRA, vol.II (Carisch).