Intervista di Andrea Aguzzi a Cinzia Milani.
Quando hai iniziato a suonare al chitarra e perché? Che studi hai fatto e qual è il tuo background musicale? Con che chitarre suoni e con quali hai suonato?
Fin da piccola ho sempre desiderato suonare; a circa 4 anni di età volevo imparare a suonare la chitarra; così i miei genitori mi hanno regalato dapprima l’ukulele ed io ho iniziato a divertirmi suonicchiando per conto mio. Poi mi hanno regalato la chitarra ed ho iniziato a studiarla. I miei studi si sono divisi fra la chitarra ed in seguito il violino, sviluppando così una completezza culturale musicale che esce dai confini prettamente chitarristici. Ho sempre suonato con chitarre di liuteria italiana ed ora alterno, in base al tipo di repertorio che devo interpretare, una chitarra del 1989 di Gioachino Giussani con una chitarra copia Torres di Gabriele Lodi.
So che hai studiato col Maestro Mauro Storti, come ti sei trovata con lui e che ricordi hai del suo insegnamento?
Quando avevo 7 anni ho effettuato un’audizione col Maestro Alirio Diaz che, dopo aver valutato le mie capacità musicali, mi consigliò di studiare col Maestro Mauro Storti. Indubbiamente le mie doti tecniche sono state coltivate e potenziate grazie alla didattica del Maestro Storti con il quale ho anche scoperto e studiato un vastissimo repertorio chitarristico.
Quali sono state e sono le tue principali influenze musicali? In che modo esprimi la tua “forma” musicale sia nell’ambito dell’esecuzione che nell’improvvisazione, sia che tu stia suonando “in solo” sia assieme altri musicisti? Elabori una “forma” predefinita apportando aggiustamenti all’occorrenza o lasci che sia la “forma” stessa ad emergere a seconda delle situazioni, o sfrutti entrambi gli approcci creativi?
In realtà un artista è continuamente stimolato ed “influenzato” da ogni sensazione che lo circonda, ogni attimo della sua vita e delle emozioni che ne fanno parte viene poi riversata nell’interpretazione della musica. L’interpretazione è frutto dell’analisi di un brano nel rispetto della struttura compositiva e della messa a punto tecnica, portata all’apice dalla voglia di comunicare emozioni e di rendere unico ed irripetibile quell’attimo di infinito.
Come è nata l’idea di realizzare il tuo ultimo cd “Guitar”?
Hai scelto un particolare percorso attraverso la musica contemporanea partendo da Maestri come Castelnuovo-Tedesco, Domeniconi, Margola e Prandi per arrivare a due compositori contemporanei (Betta e Cacciola) che hanno scritto due brani dedicati a te per questo progetto. Come è stato collaborare con loro e che caratteristiche hanno le loro musiche?
L’idea è nata dalla collaborazione con Amadeus e dall’incontro con Raffaele Cacciola, il quale ha appunto scritto “Note di ghiaccio” per me, realizzando una composizione per chitarra ed elettronica. Quindi abbiamo poi pensato ad un percorso che portasse l’ascoltatore fino al suo stile che io non definisco contemporaneo ma che ci parla del futuro! Il “viaggio” musicale del cd “Guitar” parte dal ‘900 di Castelnuovo-Tedesco e attraversa sonorità ed influenze stilistiche differenti giocando anche così con le immense possibilità interpretative del mio strumento. Marco Betta ci trasporta invece con il suo brano nelle atmosfere della sua terra: la Sicilia con le sue luci, i colori, i profumi, l’intensità, il mistero, la passione; il suo brano è un quadro musicale.
In precedenza avevi già realizzato altri due cd vero?
Si, ho registrato “Ritratto di Donna” commissionato per le sonorizzazioni televisive, nato dalla collaborazione col compositore Adelmo Prandi con cui abbiamo realizzato un cd di brani inediti per chitarra. “Sonatango” , dedicato alla musica argentina, da Piazzolla fino ai compositori odierni.
Quale significato ha l’improvvisazione nella tua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?
Per un musicista classico l’improvvisazione forse non esiste; il percorso di studi che viene svolto può, per certi versi, essere limitante. E’ molto importante riuscire ad addentrarsi in altre strutture armoniche e stilistiche non prettamente classiche ed aprire gli orizzonti musicali approfondendo altre culture ed il jazz, insieme alla musica popolare, è sicuramente una fonte interessantissima.
Una domanda un po’ provocatoria sulla musica in generale, non solo quella contemporanea o d’avanguardia. Frank Zappa nella sua autobiografia scrisse: “Se John Cage per esempio dicesse “Ora metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida questa affermazione perdefinire un genere musicale, basta dire questa è musica classica, questa è contemporanea ed è fatta? Ha ancora senso parlare di “genere musicale”?
La musica non è catalogabile, è musica in quanto tale, in quanto espressione pura. La forza ineguagliabile della musica è che arriva dritta fin nel profondo del nostro animo esprimendo ciò che nessuna parola potrà mai tentare di esprimere, è un linguaggio universale che parte dal cuore ed arriva al cuore.
Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea, per non parlare del successo nella musica leggera, dove chitarra elettrica è ormai sinonimo di rock … in quanto musicista polivalente e trasversale… quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?
Penso che ancora oggi non sia in effetti semplice comporre per chitarra, o meglio riuscire a comporre brani che diano la possibilità allo strumento di sfruttare le sue potenzialità sonore e dinamiche. Sono convinta che l’eseguità del repertorio chitarristico nel passato, per lo meno da parte di “grandi compositori” che hanno scritto per altri strumenti, fosse dovuta non tanto alle difficoltà compositive ma anche alle problematiche di volume sonoro dello strumento ed alle potenzialità tecniche. Una chitarra nel 1700 non avrebbe potuto competere con un pianoforte come livello sonoro…ed ecco che la chitarra elettrica invece si è imposta nel rock!
Oggi si ha una possibilità sonora ben diversa. Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?
E’ sempre positivo che ci sia una continuità fra passato, presente e futuro e la ricerca storica musicologica assume un ruolo sempre importante nel mantenere le radici e permettere la crescita. Penso che l’ascoltatore selezioni in base al suo gusto, che è dettato chiaramente anche dal background culturale; spesso, purtroppo, questo bagaglio non è così ampio ed il risultato è che il pubblico non sceglie ma si fa trasportare dalle “onde mediatiche” del momento.
Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?
Ho più la sensazione che a volte ci si trovi davanti qualcosa di estremamente incomprensibile e stravagante presentato sotto la parola “contemporaneo”, quasi a significare che più le persone non colgono il significato e più è una grande opera, e mi riferisco alle arti in generale. Quindi penso che i grandi artisti siano persone che si sono immerse nel passato per vivere ed esprimere nel presente ciò che è e sarà: il presente che forma il futuro è frutto del passato. Ed è proprio questo il messaggio del cd “Guitar”, un’interpretazione di oggi che guarda al passato pensando al futuro.
Ci consigli cinque dischi per te indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..
Se approdassi in un’isola deserta penso che non porterei mai con me cinque dischi! Tuttalpiù creerei nuove sonorità … a parte gli scherzi, potrei consigliare un cd dell’artista Mariza (fado portoghese), un cd di Paolo Fresu, un cd di Scarlatti trascritto ed interpretato dai fratelli Assad, un cd di Atahualpa Yupanqui e Mercedes Sosa, ed il cd delle musiche di De Andrè riarrangiate in chiave jazz da un quintetto strepitoso per la Casa del jazz….ma ce ne sarebbero molti altri da consigliare…
Quali sono invece i tuoi cinque spartiti indispensabili?
Non ho spartiti “indispensabili”, sono una viaggiatrice in continua scoperta di nuove avventure musicali; ho alcune musiche che interpreto a cui sono particolarmente legata per vari motivi: “Adio Querida” del popolo ebraico, “Alfonsina y el mar” di Ariel Ramirez, “Adios Nonino” di Piazzolla, l’Adagio dal Concierto de Aranjuez di Rodrigo.
Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli ti senti di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?
Di essere sempre se stessi ad ogni costo e di ricercare la propria identità musicale, frutto di un percorso e non di un’imitazione. La chitarra necessita, ancor di più rispetto ad altri strumenti, di musicisti che portino cultura musicale e valorizzino l’estrazione popolare dello strumento nobilitandolo, non di funamboli delle corde e repertori pseudo moderni-pop. Per il resto essere musicista è uno stato di essere.
Con chi ti piacerebbe suonare e chi ti piacerebbe suonare? Che musiche ascolti di solito?
Mi piacerebbe suonare con Paolo Fresu, sarei curiosa di abbinare il suono della sua tromba ad un suono “classico” della chitarra rivisitando il repertorio e vedere dove ci porta! Ascolto un po’ di tutto, passo da Vasco Rossi a Scarlatti, dalla musica celtica al jazz, e via dicendo…sono allergica all’abitudine e in continua evoluzione e ricerca, quindi curiosa di scoprire sempre qualcosa. Ogni tanto ho talmente tanta musica in testa che ho bisogno di silenzio…e nel silenzio ritrovo la mia musica.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? Su cosa stai lavorando?
In questo periodo sto suonando lo splendido Doble Concierto para guitarra y bandoneon di Piazzolla con l’Orchestra Femminile Italiana ed il grande musicista Gino Zambelli; il prossimo appuntamento è il 3 dicembre all’Auditorium della Bocconi di Milano, in occasione della premiazione del concorso di Abbado. Non amo parlare di ciò che farò, le idee son sempre tante ed è bello non anticipare novità. Posso solo farvi venire un po’ di curiosità dicendo che in cantiere c’è un progetto di inediti.
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