Empedocle 70 (Andrea Aguzzi) – Come è nato il suo interesse per la chitarra?
Guido Fichtner – Avevo 10 anni e mi capitò di vedere in televisione Josè Feliciano, un cantante non vedente che andava forte negli anni sessanta. Questi cantava accompagnandosi con una chitarra e spesso fra una strofa e l’altra staccava dei soli con la chitarra. Fui folgorato; per me fino a quel momento la chitarra era solo zum-zum col plettro e purtroppo, per la mia timidezza, cantando! Esternai la mia voglia di suonare ma rigorosamente senza cantare. A Natale mi arrivò una bella chitarra arancione e mia madre mi volle cercare un insegnante. Il caso (oggi lo chiamo destino) fu che un mio compagno di classe andava a lezione da un signore che abitava a 500 metri da casa mia e mi fece avere il numero di telefono. Si chiamava Mauro Storti.
Empedocle 70 – Lei si è diplomato col Maestro Mauro Storti? Che ricordi ha del periodo del Conservatorio e dell’insegnamento ricevuto dal Maestro Storti?
Guido Fichtner – Sono stato per quasi tutta la mia infanzia un allievo privato di Mauro Storti. Un po’ per la vicinanza con la sua abitazione e viceversa per la lontananza dal Conservatorio dove egli insegnava (Piacenza). Inoltre per altre mie passioni sportive (ero in agonismo di ginnastica artistica), la chitarra rimase per me un hobby fin verso i 17 anni. Solo allora cominciai a fare musica sul serio e solo dopo il liceo fui preso dall’idea di poter fare il musicista come scelta di vita. Iniziai allora a frequentare il Conservatorio ma ero già grande e sbrigai in fretta i miei studi ufficiali.
La mia esperienza di studente si svolse per lo più all’interno delle mura domestiche di casa Storti. Oggi non posso non rendermi conto della fortuna che ebbi nel cominciare fin dalla prima lezione con lui. Passo dopo passo riuscì a portarmi dalla prima nota in tocco appoggiato sulla prima corda ad un diploma da 10 e lode. Oggi, conoscendo il percorso ad ostacoli (spesso con tanti e non sempre buoni insegnanti) di molti dei miei allievi e dei miei colleghi, devo ringraziare la buona stella che mi ha regalato molti anni di precisa ed entusiastica guida didattica, senza scossoni né patemi.
All’inizio non fui un allievo brillantissimo e sono certo che il mio studio per molti anni non ripagò il lavoro del Maestro (me lo ricorda spesso lui) che tuttavia ebbe molto fiuto ad individuare le mie qualità e molta pazienza ad attendere che i semi che piantava dessero frutti. Alla fine la vinse e la musica divenne per me una passione cocente. Gli sono molto grato. Oggi la consapevolezza di questo esempio mi aiuta a non giudicare in maniera frettolosa quegli studenti che, seppur dotati, faticano ad ingranare come ogni docente vorrebbe. Insomma: “se son rose fioriranno”. Storti con me fu un insegnante pieno di energia, di entusiasmo, capace di far amare la musica di qualunque periodo storico, di sistemare qualunque difficoltà tecnica con un esercizio specifico (era giovanissimo pure lui e non aveva ancora pubblicato quasi nulla), a volte solo con una semplice correzione o un consiglio.
Mi parlava con chiarezza senza usare giri di parole, senza filosofare, ma stimolando continuamente la mia attenzione a leggere le informazioni musicale nascoste fra le note e soprattutto mettendo le mie mani in condizione di risolvere qualunque problema tecnico. Insomma, mi diede una preparazione di altissima qualità. In seguito rielaborai alcuni di quegli insegnamenti ma senza dimenticarne mai l’origine; del resto questa è la sola strada per crescere e fa parte della natura stessa della vita.
Empedocle 70 – Dopo il diploma lei si è recato in Francia e ha studiato diplomandosi a Parigi con Alberto Ponce, cosa ha trovato di diverso in Francia rispetto al Conservatorio italiano e come si è trovato con Ponce?
Guido Fichtner – Correva l’anno 1984 e in Francia in quegli anni si badava molto alla musica ma un po’ meno alla tecnica, col risultato che tanti buoni musicisti arrancavano sulla chitarra. Noi italiani venivamo considerati più preparati strumentalmente e quindi potemmo più facilmente sfruttare il grande insegnamento musicale di Alberto Ponce. Parlo al plurale perché non ero l’unico italiano che seguiva il Maestro. A fianco a me c’era gente del calibro di Claudio Marcotulli, Walter Zanetti, Maurizio Norrito, Monica Paolini, Arturo Tallini, Sandro Torlontano, Stefano Palamidessi e molti altri coi quali ho condiviso corsi bellissimi, passioni, speranze, emozioni, il tutto condito con un sacco di musica e una montagna di lavoro.
Conobbi Ponce quando, senza averlo mai sentito nominare, comprai un disco che conteneva brani di Manuel Ponce (tra cui il Tema variato e finale e la Sonatina meridional) e, fra altri, il Tiento di Ohana e l’Homenaje di De Falla. Ascoltarlo mi diede una scossa e, su indicazioni di Storti che ben lo conosceva, mi misi a cercarlo. A Parigi mi riempì di stimoli con una musicalità travolgente e una sensibilità fuori dal comune. Egli è in grado di tirare fuori il meglio di ogni studente che gli si siede di fronte. Ha nello stesso tempo un ineguagliabile capacità di comunicare, di comprendere la parte migliore della musica e di noi stessi attraverso la musica, di trovare il modo di farla emergere, sempre nel rispetto dello spartito e della personalità dell’allievo. Mi ha aperto grandi finestre di pensiero nella testa e nel cuore. Sono molto grato anche a lui.
Empedocle 70 – Le sue incisioni discografiche sembrano prediligere registrazioni monografiche su autori specifici, come mai questa scelta? Si tratta di specifiche richieste delle case discografiche o è una sua precisa scelta di repertorio?
Guido Fichtner – Non prediligo affatto le registrazioni monografiche, mi piacerebbe fare anche dell’altro. La musica classica occupa una parte piuttosto piccola del grande mercato discografico e quello della chitarra una parte ancora più di nicchia. Le etichette più famose producono più volentieri opere di un solo autore perché più facilmente collocabili in ambito di vendita. In alcuni casi il cd diventa una specie di archivio digitale delle opere dei compositori, più che un vero momento di confronto artistico. E quindi è più facile che un produttore sia attratto dall’integrale delle sonate di Paganini piuttosto che da un recital di brani che vanno da Roncalli a Berio. Inoltre sulla musica contemporanea il produttore paga una forte tassa alla SIAE mentre sulle opere dei compositori del passato, no. C’è una profonda crisi economica e la musica certo ne risente più di altre attività, per cui è facile rispondere alla domanda. Non mi va di spendere soldi per incidere ciò che veramente vorrei e quindi… mi adeguo cercando di affrontare, almeno, lavori interessanti.
Empedocle 70 – Lei sembra prediligere un particolare repertorio, c’è un autore in particolare che esalta in modo specifico il suo modo di suonare e con cui si trova di più a suo agio?
Guido Fichtner – Non credo che dalla mia discografia si evinca quale sia il mio repertorio preferito. Per rispondere direi senz’altro Tarrega e i grandi chitarristi del primo Novecento: Llobet (anche con le sue trascrizioni di Albeniz e Granados), Pujol, Barrios. Credo di esprimermi bene anche suonando Villa-Lobos e certa musica contemporanea. Adoro Bach ma non sono ancora soddisfatto di come lo suono.
Empedocle 70 – I suoi due dischi solisti sono dedicati a due autori particolari come Tarrega e Paganini, come mai queste scelte? Come si è trovato nel rapporto con le case discografiche eco e Dynamic? Come si sono svolte le registrazioni dei dischi e quanto tempo le è stato necessario?
Guido Fichtner – Il Cd di Tarrega faceva parte di un progetto di registrazione della sua opera integrale risalente alla fine degli anni novanta. Il progetto, partito con grande entusiasmo mio e dell’editore della Eco, strada facendo perse un po’ di forza. Ciò avvenne un po’ per la qualità non eccelsa di parte della musica che dovevo affrontare (quando si parla di integrale bisogna suonare proprio tutto), un po’ perché altri lavori ne hanno rallentato il cammino (ma prima o poi lo riprenderò). Uno di questi è stato proprio quello di Paganini.
La Dynamic, che da anni sta raccogliendo tutto il possibile materiale di Paganini in vista di un mega cofanetto contenente tutta la sua produzione, mi chiese di incidere la parte relativa alle opere per chitarra sola. Le 37 Sonate sono state pubblicate in un doppio cd nel 2008 e a breve uscirà un altro cd in cui ho registrato le restanti opere. Per le registrazioni mi affido sempre, e sempre mi sono affidato, a Rino Trasi che, oltre ad essere un amico carissimo, compagno di studi e di suonate (da giovani vincemmo il Concorso di Mondovì!) compositore e grande musicista, è uno dei migliori e più richiesti tecnici di registrazione in circolazione. Le incisioni sono state sempre fatte in ambienti naturali con piccole correzioni in studio. Per Tarrega mi è bastata una settimana di sedute più qualche tempo per lo studio, mentre per Paganini mi ci sono voluti quasi sei mesi di sedute a singhiozzo. Il materiale era abbondante e quindi l’ho dovuto affrontare a piccole dosi. Quando un certo numero di sonate erano pronte, le andavamo a registrare.
Empedocle 70 – Lei è uno dei quattro chitarristi del Guitalian Quartet, vuole parlarci di questa iniziativa? Come è nato il quartetto? Come procede la sua attività?
Guido Fichtner – Il quartetto nasce da una profonda amicizia che ne lega i suoi componenti. Eravamo compagni di studi, siamo diventati professionisti ognuno con la sua carriera, eravamo amici e lo siamo rimasti per oltre 20 anni e per finire, in barba alle difficoltà logistiche, abbiamo cominciato questa avventura insieme. Le difficoltà sono tuttora enormi sia per le prove che per le comunicazioni dato che abitiamo sparsi per l’Italia fra Milano, Roma, Fermo e Palermo. Ma ci unisce una grande unità d’intenti ed una enorme affinità musicale unita ad una preparazione tecnica molto simile; per il resto Internet fa miracoli. Mi sento di affermare che questo è il miglior progetto artistico in cui mi sia mai cimentato ed il risultato musicale è sempre emozionante ed entusiasmante. Con un po’ di sacrifici (ma neanche tanti) riusciamo a vederci con regolarità continuando a progettare cose per il futuro.
Empedocle 70 – Mi ha molto impressionato il cd live, come è avvenuta la registrazione? Sembra registrato in “presa diretta”, tipo “buona la prima”, come è stato registrare davanti al pubblico?
Guido Fichtner – Non è stato diverso dal suonare davanti al pubblico. Ai microfoni non ci si badava, si badava di più alle sensazione provenienti dalla sala. Per esempio il silenzio del pubblico è stato per noi il miglior segnale che tutto funzionava bene. E poi restava sempre la sicurezza che se il materiale fosse stato scadente, lo avremmo potuto cestinare.
Empedocle 70 – Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?
Guido Fichtner – L’argomento mi trova impreparato. Nella mia personale ricerca l’improvvisazione non occupa un posto importante anche se la considero una mia lacuna. Tuttavia non l’ho mai sentita come una vera esigenza ed è per questo che l’ho trascurata. Sono sempre stato attratto maggiormente dall’idea di scavare nella storia e nelle possibilità esecutive della chitarra che in quella di cercare modi d’espressione diversi sullo strumento come improvvisare, ma anche comporre. Sono convinto tuttavia che l’improvvisazione dovrebbe trovare più spazio nella crescita musicale degli studenti per liberarne la capacità espressiva, anche in ambito strettamente classico, e stimo tantissimo chi, come l’amico François Laurent, ne fa un obiettivo didattico.
Empedocle 70 – Le confesso che ascoltando i suoi cd mi ha particolarmente colpito la disinvoltura e la sensazione di sicurezza che traspare dal suono della sua chitarra, insomma lei sembra perfettamente a suo agio, anche nei passaggi più difficili … quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”?
Guido Fichtner – La tecnica è tutto. Senza di essa non si esprime nulla se non la fatica di suonare (che non è interessante ascoltare). Comunque la tecnica non è solo una lotta col metronomo per raggiungere il record di velocità su scale ed arpeggi, non è solo studiare le legature ed il barrè, ma anche ricerca sui modi di espressione: fare un crescendo ben progressivo, un diminuendo rallentato, avere la stessa qualità di suono su una frase, con i respiri al momento giusto. E questa tecnica va studiata, non basta avere le mani che vanno o le scale a mitragliatrice, bisogna saper fare un vibrato, una esitazione, un accelerazione. Se qualcuno mi dice: “come hai suonato bene stasera”, io ringrazio ma nella testa mi si accende un campanello d’allarme che dice: “questo signore badava a come suonavo” ovvero non ascoltava la musica. Per me questo ha sempre significato: Guido, non hai suonato bene, studia meglio e spera che la prossima volta si accorgano di quello che hai suonato e che ti dicano: “che bello quel pezzo!”. E questo indicherà che la tecnica sarà a posto, tutta la tecnica!
Empedocle 70 – Al di fuori della musica classica e per chitarra classica ascolta altri generi musicali?
Guido Fichtner – Sì, ascolto anche altra musica. Uno dei musicisti che va per la maggiore in casa mia (ho una moglie veterinaria e due figli di 11 e 8 anni) è Goran Bregovic di cui, credo, possediamo l’intera discografia. La musica etnica è molto presente nel mio archivio, da quella egiziana a quella greca, flamenca, caraibica senza dimenticare il tango argentino dai classici del primo 900 al tango elettronico dei Gotan Project. Amo un certo tipo di jazz (alla Stefano Bollani o Bobby McFerrin) e anche qualche cantante (Paolo Conte su tutti). Detesto Giovanni Allevi.
Empedocle 70 – Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario?
Guido Fichtner – Vale quello che ho detto prima sul mercato discografico. Non vedo come oramai si possa arginare, né se sia giusto farlo, il fiume Internet per quanto riguarda il mercato. Sto alla finestra.
Empedocle 70 – Il Blog ha aperto di recente una nuova rubrica dedicata ai giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli si sente di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?
Guido Fichtner – Chi scegli di fare il musicista non lo fa per soldi, ma esclusivamente per passione quindi deve avere tanta pazienza, umiltà, voglia di lavorare e perseveranza. Gli obiettivi prima o poi si raggiungono ed il valore, se c’è, viene riconosciuto. Mi piace citare una frase che ho sentito dire tante volte ad Alberto Ponce: “non fate mai gli artisti, siate operai, timbrate il cartellino e lavorate sodo: il tempo vi ripagherà”.
Empedocle 70 – Ci consiglia cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta…
Guido Fichtner – La scelta è difficile, perché i dischi indispensabili da salvare sono molti. Ma alla fine su quell’isola mi porto un sacco di Bach.
Bach: “Variazioni Golberg”, suonate da Glenn Gould
Bach: I Concerti Brandeburghesi, suonati da Gustav Leonhard
Bach: Le Suite inglesi, sempre suonate da Gould
Granados: le danze spagnole, suonate da Alicia de la Arrocha
“The dark side of the moon” dei Pink Floyd
Empedocle 70 – Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?
Guido Fichtner – Qui mi spiace, ma sono più di cinque. Non riesco a farne a meno.Tutti gli spartiti per chitarra di Bach, (Ciaccona e ogni tipo di trascrizioni comprese)
Le Rossiniane di Giuliani
Gli Studi di Sor (anche quelli dell’op. 31-35-60)
Gli Studi di Villa Lobos
Il Nocturnal di Britten
Il Tiento di Ohana
Invocacion y Danza di Rodrigo
Empedocle 70 – Con chi le piacerebbe suonare?
Guido Fichtner – Coi miei figli (già lo faccio, ma mi riferisco al suonare sul serio), che sono ancora piccoli ma suonano con passione, con la speranza di invecchiare abbastanza da vederli grandi e bravi (sperando che a quell’epoca le mie mani siano ancora in grado di muoversi decentemente).
Empedocle 70 – Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa sta lavorando?
Guido Fichtner – Coi Guitalian Quartet è in lavorazione un nuovo cd su musiche italiane del Novecento che ci sta appassionando molto. Poi sto pubblicando per la Eco una raccolta di composizioni didattiche con allegato cd (sempre inciso da me) e, per finire con un fuori programma, sto preparando i campionati italiani di balli standard e tango argentino con mia moglie, per la qual cosa ci alleniamo tre sere a settimana (che non c’entra niente, ma ci piace da morire).