Il Chitarrista Animatore

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Per parlare in maniera concreta del ruolo dell’animatore musicale, è necessario definire i parametri che connotano la sua attività, ormai assurta a vera e propria professione. Superando la troppo ottimistica convinzione che poche settimane di addestramento specifico bastino per fornire a qualunque diplomato di conservatorio le nozioni sufficienti all’esercizio di questa attività, e affrontando invece questo tema anche da un punto di vista che interessi chi in conservatorio non ha mai messo piede, è inevitabile domandarsi quanto e che cosa dei programmi conservatoriali sia da considerarsi valido, utile ed essenziale alla formazione dell’animatore musicale.

Il dilemma è, in parole povere: cultura specializzata o cultura generica? La cultura, e non solo quella musicale, è ovviamente sempre un dato positivo, ma quanto giova all’animatore musicale, in termini pratici, sapere leggere il setticlavio, saper armonizzare un basso, saper eseguire alla perfezione i 24 Preludi e Fughe del Clavicembalo ben temperato o il Concerto per chitarra e orchestra di Mario Castelnuovo-Tedesco? Fino a che punto devono spingersi la formazione e la competenza di un animatore perché possa egli dirsi musicale? Quale linea di demarcazione si può tracciare a separare l’utile dall’inutile, l’essenziale dal superfluo? Per rispondere a queste domande occorrerebbe prima delineare con contorni più precisi la figura dell’animatore musicale per cercare di capire ciò che egli è o dovrebbe essere, tracciando poi, sulla base di tali dati, un probabile iter per la sua formazione.

Gli animatori sono sempre esistiti, da quando l’uomo ha imparato ad amare la poesia, la musica, la danza, il teatro, i giochi, i tornei, le feste. Gli animatori di una volta erano attori, musici, scenografi, registi, coreografi, architetti e talvolta anche scienziati, come Leonardo: erano creatori e veicoli di cultura. Anche a colui cui diamo oggi l’attributo di animatore, che può essere o non essere creatore, ma deve essere sempre veicolo di cultura e di educazione, è richiesta una cultura polivalente in apparente e lampante contrasto con la nostra era delle specializzazioni. Egli deve sapere di poesia, di musica, di danza e di gestualità, di scenografia e di teatro; se non deve necessariamente essere architetto, deve però saper manipolare colori e pennelli, forbici e martello, squadra e compasso, registratore, telecamera e proiettore. Dev’essere regista, concertatore e direttore artistico.

Chitarrista AnimatoreÈ evidente che un simile touche-à-tout corre il rischio di essere solo un deplorevole dilettante, se la sua formazione non è finalizzata alla mera attività ludica ma anche e soprattutto a quella pedagogica e non risponde ad un rigoroso piano didattico che, non potendo verosimilmente insegnare tutto, insegni di tutto, su basi solide e corrette sulle quali, con la pratica diretta, sia possibile effettuare continui ulteriori progressi. Ciò va tenuto nella massima considerazione soprattutto per quanto concerne l’indispensabile apprendimen­to della tecnica di uno strumento musicale, cosa già non semplice di per sé e resa ancor più complessa dall’età non più ottimale degli studenti-animatori non provenienti dal conservatorio.

Lasciando da parte i molteplici aspetti della cultura dell’animatore musicale ai quali abbiamo appena accennato, ci preme in questa sede mettere a fuoco i rapporti tra l’animatore musicale ed uno strumento tra i più idonei e versatili per tale attività: la chitarra.

Il chitarrista-animatore può trovarsi a svolgere principalmente tre mansioni ben specifiche:

1) accompagnatore; 2) insegnante di chitarra; 3) concertatore.

I momenti ed i repertori nei quali un animatore-chitarrista può trovarsi coinvolto nelle vesti di accompagnatore sono dei più vari: dal canto liturgico al canto di montagna; dalla canzonetta di successo alla musica di scena. Un buon accompagnatore deve possedere uno spiccato senso armonico che gli consenta di passare con disinvoltura da una tonalità all’altra adattandosi alla tessitura delle voci e sapere approntare rapidamente, quasi improvvisando, l’accompagnamento di una melodia sconosciuta. Ciò richiede, oltre ad un’adeguata preparazione teorica, una buona tecnica strumentale: souplesse e rapidità nel cambio degli accordi; padronanza assoluta della tecnica del barré; ricchezza e varietà nelle formule ritmiche di accompagnamento.

È sempre più frequente l’istituzione presso centri scolastici, biblioteche e circoli cultural-ricreativi, di corsi di avviamento allo studio di uno strumento a carattere più o meno amatoriale.[1] All’animatore musicale chiamato a condurre un corso di chitarra, non dovrebbe far difetto una essenziale e corretta conoscenza della metodologia di base, soprattutto al fine di evitare errori di impostazione posturale che finiscono talvolta per assumere il vero e proprio carattere di tare permanenti tali da creare un serio impedimento all’eventuale proseguimento degli studi verso mete più ambiziose. E’ inoltre necessaria una buona conoscenza del repertorio didattico specifico per i corsi collettivi e, ultima, ma non meno importante, la conoscenza di un efficace sistema di organizzazione di tali corsi, per consentirne lo svolgimento in condizioni di serenità e di massimo rendimento.

http://www.masteringthestrings.it/wp-content/uploads/2015/03/20120602_9995_saggio_chitarra.jpgNell’allestimento di saggi scolastici e spettacoli teatrali o musicali per ragazzi, non manca di solito la chitarra, che può venire impiegata come strumento concertante armonico o melodico oppure, specialmente nelle sonorizzazioni e drammatizzazioni, come fonte di speciali effetti sonori. Il compito di concertatore che l’animatore viene ad assumere in questo caso è dei più delicati e complessi. In primo luogo è necessaria una viva sensibilità psicologica che deve guidarlo nella distribuzione delle parti e nella condotta delle prove. Sul piano pratico occorre che egli sia in grado di valutare la competenza di ogni singolo elemento del complesso ai fini di una sua utilizzazione ottimale e, per quanto riguarda la chitarra, deve saper attribuire a ciascuno in maniera oculata una parte di accompagnamento, una voce melodica o una semplice base ritmica in relazione all’organico del gruppo e alla difficoltà dei brani da eseguire. Questa attività richiede in definitiva una certa abilità artigianale nell’amalgamare con gusto, intelligenza ed immaginazione le cognizioni tecnico-musicali.

Delineati in tal modo i campi di utilizzazione della chitarra, è ora più facile tracciare il piano di un percorso  didattico idoneo a fornire all’animatore-chitarrista il possesso soddisfacente di tutti i requisiti necessari per il raggiungimento di una buona professionalità. Poiché a monte di ogni altra acquisizione sta la necessità che egli stesso impari a suonare la chitarra né più né meno che come uno dei suoi probabili futuri allievi, è opportuno, a mio avviso, fargli seguire lo stesso iter didattico a quelli destinato, realizzando in tal modo simultaneamente tre scopi:

1) l’apprendimento vero e proprio dello strumento percorrendo, in minor tempo ma senza ometterne alcuna, tutte le tappe del programma; 2) la conoscenza critica e vissuta dell’intero programma didattico nella sua articolazione, nei suoi scogli e nei suoi risultati; 3) la conoscenza dell’aspetto organizzativo del corso, anch’essa non acquisita in maniera solo teorica, ma vissuta in prima persona.

Affinché questa felice combinazione possa realizzarsi in maniera soddisfacente, è necessario che lo studente-animatore non perda mai di vista la sua duplice posizione di apprendista-chitarrista e di apprendista-docente, orientando il suo senso critico-estetico di adulto alla comprensione del valore funzionale del repertorio didattico più che al suo intrinseco valore artistico.[2]

Sulla base di alcune indispensabili acquisizioni tecniche (posizioni dello strumento e delle mani; esercizi di tocco; formazione delle note nei primi tasti; esercizi di lettura ritmica; scale, arpeggi ed accordi nelle tonalità più agevoli) è possibile giungere allo studio di un facile e progressivo repertorio solistico e d’insieme e quindi all’esplorazione del sistema tonale in diretta associazione con la pratica d’accompagnamento. Questa, per essere condotta in maniera esauriente e costruttiva, non dovrà prescindere dallo studio elementare dell’armonia e dall’esercizio del “trasporto”.[3]

L’iter formativo dell’animatore-concertatore si configura come il più articolato e complesso, ma anche come il più qualificante. Anche per questa attività, infatti, emerge in primo piano la necessità di conoscere un repertorio specifico e di saperlo manipolare in modo da far collimare le finalità didattiche ed artistiche con le più svariate esigenze di organico e di destinazione. Tale manipolazione, che spesso può sconfinare con la vera e propria invenzione, richiede, oltre ad una discreta conoscenza della tecnica dei vari strumenti concertanti, il possesso di una notevole capacità d’intervento: sul tipo di notazione musicale, sulle tonalità, la ritmica, il colore, il fraseggio e così via. Partendo da questo esame delle diverse competenze necessarie all’animatore musicale chitarrista, si può tentare di tracciare un riassuntivo programma di studio così articolato:

A – Per la formazione musicale teorica e pratica:

1) Avviamento alla lettura musicale in diretta associazione con il canto e con la pratica strumentale.

  • Dettato ritmico applicato sia alla poesia che alla musica.
  • Analisi metrica, ritmica e formale.
  • Studio degli intervalli, dei modi e delle tonalità.
  • Dettato melodico.
  • Nozioni elementari di armonia applicata allo strumento (moto delle parti, accordi, cadenze, modulazioni, trasporto).

 2) Nozioni di analisi musicale (stili, generi, forma e contenuto).

B – Per la formazione strumentale teorico-pratica:

1) Studio dello strumento dalle prime nozioni tecniche all’esecuzione di un facile repertorio solistico.

  • Studio delle tecniche d’accompagnamento.
  • Studio di brani di musica d’insieme con la chitarra concertante.
  • Studio dei vari tipi di scrittura per chitarra (classica, a sigle, a intavolatura).
  • Trascrizione e adattamento per una o più chitarre, nelle tonalità più consone, di brani classici e popolari.
  • Composizione libera di facili melodie per chitarra.
  • Composizione di facili melodie su accordi dati.
  • Melodizzazione ed armonizzazione chitarristica di un testo poetico.

 9) La chitarra come oggetto sonoro (suoni, rumori ed effetti speciali).

l0) La chitarra a corde preparate (sistema pratico di notazione e repertorio).

11) Organizzazione dei corsi collettivi di chitarra (materiale didattico e programma di studio).

Ciò che emerge da questo breve scritto sul chitarrista-animatore musicale, è che una buona formazione professionale richiede tempi lunghi (almeno 4 anni) ed una seria impostazione programmatica che veda armonizzate e lucidamente finalizzate le diverse discipline che investono, oltre alla teoria e la pratica strumentale, i campi della psicopedagogia, dell’espressione verbale e non verbale, e di altri numerosi e non meno importanti corollari. Le domande che ci ponevamo all’inizio sulla scelta tra cultura generica e specializzazione diventano meno problematiche se si cessa di considerare la professione dell’animatore musicale come un sottoprodotto, rigenerato quanto si vuole, di quella fabbrica di strumentisti che è il conservatorio. [4]. La genericità culturale dell’animatore musicale è infatti, come abbiamo visto, solo apparente, configurandosi nel suo insieme come un complesso ed univoco campo di specializzazione.


[1] Diciamo per inciso che al vivo desiderio di acculturazione che anima tali iniziative non sempre fa riscontro una seria     impostazione sul piano metodologico per cui non di rado, per puntare ad un successo immediato si frustra la vera sete di cultura con la fretta, l’incompetenza e la superficialità. Una regola d’oro dovrebbe guidare queste vere e proprie “campagne culturali”: “non dare al popolo ciò che già ama ma anche ciò che venendo a conoscere potrebbe amare”.

[2] È importante non dimenticare che la musica, come le altre arti temporali, acquista un senso compiuto solo con la completa proiezione nella memoria dei diversi istanti successivi e che tale capacità di sintesi mnemonica e sensoriale è, nel fanciullo, ancora in fase di sviluppo. Chi non sappia intravvedere nella brevità e semplicità degli esercizi una risposta a questa primaria necessità didattica, rischia di cadere vittima di un mal riposto e paralizzante criticismo.

[3] Credo superfluo ribadire quanto sia negativo l’impiego esclusivo delle sigle accordali alla cui allettante praticità fa riscontro una totale imprecisione rispetto alla corretta teoria armonica.

[4] Faccio notare che, ad esclusione di quello riguardante lo studio solistico dello strumento, nessuno dei suddetti argomenti figura nei programmi conservatoriali.

2 Responses to “Il Chitarrista Animatore”

  1. Davide Bortolai

    articolo notevole nel definire una professionalità che sento molto affine al mio modo di lavorare nell’ambito delle scuole primarie e secondarie.
    sono un “animatore musicale” che all’occorrenza può suonare anche le fantasie di John Dowland.
    Riconosco che, più che doti tecnico-strumentali specificamente chitarristiche in senso stretto, siano necessari: un buon orecchio e una buona conoscenza dello strumento chitarra; anche se alla fine il “witz”, il fattore “X” è la passione che si riesce a trasmettere agli allievi e che li motiva a studiare la musica.
    grazie maestro Storti per questo interessante articolo che fa chiarezza su un certo modo di fare chitarra, e fa chiarezza sugli aspetti specifici della formazione dell’animatore musicale.
    un caro saluto
    Davide Bortolai

    • Mauro Storti

      Caro Davide, ti ringrazio per l’apprezzamento di questo articolo che qualche sublime “classico puro” troverebbe indegno, ma che rispecchia quella che io considero una utile e pregevole professionalità particolarmente adeguata alla attività scolastica ma che non trova riscontro nei “severi” programmi conservatoriali.
      Un cordiale saluto!
      ms

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