Heitor Villa-Lobos: Studio n.1

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Sono sicuramente molti i chitarristi che al primo approccio giornaliero con lo strumento ricorrono a questo Studio per scuotere dalle dita il torpore notturno (chi non ricorda il tenero Ronsard: “Sitôt levé, ma guitare je touche”?). In effetti, per efficacia e concisione tale studio è ideale, anche se il rischio di ridurlo ad un puro gioco meccanico è sempre incombente.

   Il mio maestro di canto, vecchio e navigato direttore d’orchestra, pretendeva che anche il più semplice vocalizzo venisse cantato con espressione, ossia con duttilità dinamica e agogica. In effetti, l’operazione artistica di “intridere” di musica anche il più banale esercizio tecnico è difficile ma creativa, divertente e sommamente utile1.

   In questo caso, una volta dominato l’aspetto meccanico dell’arpeggio che deve risultare sgranato e scorrevole, è possibile conferirgli una delicata plasticità dinamica giocando sullo “spessore” del suono mediante una ben calibrata variazione della pressione della mano destra sulle corde2.

   Occorre però osservare che la pratica generalizzata di suonare ogni arpeggio forte la prima voltae piano la seconda volta, pur essendo un buon esercizio di dinamica, non può produrre che un’esecuzione scolastica uniforme e monotona, mentre un’esecuzione veramente artistica può solo scaturire da una più ampia visione d’insieme dell’intera pagina.

   Il tipo di scrittura abbreviata adottato dall’Autore, in questo come in altri casi3, non è dei più chiari ai fini interpretativi. Una battuta di 4/4 scritta con l’obbligo di ripetizione è molto ambigua in quanto la ripetizione di un suono, di un accordo, di un arpeggio o di un tratto melodico, può avere generalmente due significati di esito opposto: può essere un’eco, quindi una risposta lontana e poco sonora, o una insistenza, ossia una ripetizione più energica e perentoria.

   Nel caso di questo Studio, se la ripetizione venisse eseguita come un’eco, l’intero brano si ridurrebbe ad un monotono “gioco di richiami” fatto di proposte e risposte tra loro sconnesse e tale da annullare le tensioni armoniche e i più ampi collegamenti strutturali del pezzo distruggendone, di fatto, la macroforma.

   Scrivendo lo Studio per esteso (Fig.1) e contando l’effettivo numero di battute, è possibile organizzare un piano dinamico dettagliato e complessivo come quello qui evidenziato con l’impiego delle usuali forcelle. Eliminata con tale suggerimento fraseologico4 la banalità della noiosa ripetizione di una formula arpeggiata, soprattutto nel tratto discendente da P10 a P0, non rimane da fare che qualche considerazione sulla diteggiatura della battuta 45 nella quale si è qui introdotto un

Sol armonico di ottimo effetto tecnico e musicale in quanto, oltre a prolungarne la durata ha il pregio di farlo risuonare nella tessitura prevista dall’originale (Fig.2).

Fig.1 - Sviluppo completo della struttura metrica e schema dinamicoSulla successiva scala discendente, va innanzitutto osservato che le ultime tre note della battuta 45 sono in levare, ossia in zona di depressione dinamica e pertanto è da evitarsi un attacco aggressivo del Mi; al contrario, una più tenue sonorità in crescendo ed un lieve rallentamento di tali note può consentire di “volteggiare ” su di esse prima di cadere sul battere della misura 46 per poi scendere precipitando sul Fa diesis della sesta corda.

   Quanto all’esecuzione della “temibile” scala discendente può risultare più agevole e musicale accentuare lievemente soltanto la prima nota di ogni quartina, concentrando in tal modo l’attenzione e l’ascolto su soli quattro punti di riferimento anziché su otto, come solitamente si sente eseguire.

Fig.2 - Diteggiatura delle battute 45 e 46

Infine, un’ultima nota riguardante il lungo tratto discendente in accordi di settima diminuita (battute 23 a 44): con una rapida cesura tra un accordo e l’altro, attuabile con lo staccato di sinistra (ossia cessando per un brevissimo istante di premere le corde) si può evitare un eccessivo affaticamento della mano e del braccio ed eliminare le eccessive tensioni parassite senza pregiudizio per la continuità del flusso sonoro, garantita dal perdurare delle vibrazioni della prima e della sesta corda a vuoto.


1 Cfr. M. Storti: Il dominio delle corde, p.84 – Varianti di carattere musicale.
2 Cfr. M. Storti: Trattato di chitarra, Cap.76 e L’arte della mano destra, Lezione XVI.
3 H.Villa-Lobos: Studi n. 2, 3,
4 Ovviamente, quella qui proposto non è l’unica interpretazione possibile.