I FONDAMENTI CHITARRISTICI (appresi e rinnegati)
Carlo Carfagna
Non è qui il caso di riportare i fondamentali principi su cui si fondò l’insegnamento anche tecnico di Tárrega, ai quali si ispirò Pujol nel proporre la propria opera monumentale. Ad essa lavorò quasi tutta la vita e lì (c’è da giurarci) profuse sia idee personali che rielaborazioni di fondamenti didattici del Maestro. La consultazione della sua “Escuela” (1933-1971) chiarirebbe, più di ogni altro commento, quanto egli si era prefisso.
D’altra parte, l’appropriazione dell’immagine di Tárrega diede allora i suoi frutti, fornendo all’autore spunti di riflessione purtroppo spesso inficiati dalla troppo diffusa trattazione metodica, che sin dal titolo appare voler mettersi in polemica con ogni altro autore. Definire infatti la “Escuela” come “razonada” apparve una sorta di dichiarazione di guerra:
“Signori -diceva ai trattatisti- sinora voi non avete ragionato, e finalmente sarò io a farvi vedere come questo si fa”.
E’ quindi giocoforza instaurare un rapporto critico con tale importante opera, ma senza trascurarne la valenza, anche se appare oggi di portata più storica che artistica. Quest’ultima considerazione vien fatto di esprimerla ogni qual volta ci si rivolga ad un pensiero effettivamente non proprio, ma di altrui codifica.
Andrés Segovia, ad esempio, trovo’ in Vladimir Bobri un suo trattatista-analista mentre, in seguito, numerosi altri autori stilarono proprie proposte, generalmente valide ma spesso talmente teoriche da non trovare vero e proprio riscontro didattico. Vale quindi la pena di rileggere i pensieri di Pujol (dalla maniera di tagliare le unghie della mano destra all’attacco della corda, dagli interventi sulla posizione delle mani ai suggerimenti su come cambiare le corde, sino alla codifica dell’impiego dello sgabellino su cui posare il piede sinistro, onde avere una giusta angolazione) ma, per quello che riguarda la stretta pratica chitarristica, è d’uopo instaurare un rapporto diretto con la produzione di prima mano di Tàrrega.
Vanno infatti sotto il nome di “Studi” sia gli esercizi più brevi (in forma di appunti) che alcuni veri e propri “pezzi” a tema didattico (si pensi alle note ribattute di “Sueño” o di “Recuerdos de la Alhambra”) che furono spesso costruiti sulla trascrizione, una buona lezione anche quella. L’apprendimento dei fondamenti tarreghiani fu cosa di quasi tutto il Novecento e, pertanto, continua essere ancora basilare per molti strumentisti di ogni dove. I miglioramenti (chiamiamoli così) ci sono poi stati, instaurando principi diversi proprio da parte di coloro che si erano accostati allo strumento in quella maniera “nuova” che oggi è divenuta “tradizionale” (e la tradizione ha i suoi valori). Viene poi da sorridere quando, rinnegando di colpo il proprio percorso, qualche chitarrista pensa di divenire geniale con il solo modificare la posizione delle sue mani, non usando più il famoso tocco appoggiato tarreghiano, o impiegando moderne “protesi” al posto dello sgabellino.
Non basta: tutte cose più che lecite, ma il patto è che se ne faccia buon uso.