Francisco Tarrega

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FRANCISCO TÁRREGA eroe mite della seconda rivoluzione

Se Fernando Sor può essere considerato l’eroico MITO della prima rivoluzione chitarristica, quella armonico-contrappuntistica, Francisco Tárrega può ben meritare il titolo di MITE eroe della seconda rivoluzione, quella dello “strumento espressivo”. Il primo fu uomo che una vita difficile e movimentata aveva costretto da giovanetto in un monastero di rigida osservanza benedettina per poi sradicarlo dalla sua terra e mandarlo esule rivoluzionario bonapartista in una Parigi musicale dominata dallo strapotere dei musicisti italiani.

Nessuna meraviglia dunque, che dalle pagine del suo Metodo per chitarra affiori ben evidente tutta l’amarezza e l’insofferenza di un animo esacerbato. Oltretutto, varcata la soglia dei cinquant’anni, egli si era forse arreso all’evidenza che malgrado i clamorosi successi conseguiti presso i più vivaci milieux musicali d’Europa, le innovazioni da lui apportate alla tecnica del suo strumento di elezione non erano state recepite da un mondo chitarristico inerte e privo dei mezzi culturali per comprenderle[1].

Il secondo, per contro, uomo quanto mai alieno tanto da idee rivoluzionarie che da smodate ambizioni, ebbe in destino l’esistenza “piana” e spirituale di un artista profondamente innamorato della sua arte e che in essa trovava la gioia dell’intera sua esistenza. Al piacere di donarsi agli allievi e al pubblico senza contropartita, faceva riscontro un disinteresse per le cose materiali che rasentava il francescanesimo[2]. Come non mostrò mai alcuna smania per la pubblicità, mostrò un’altrettanto scarsa premura di dare alle stampe i pezzi e gli esercizi che spesso improvvisava e che pertanto sono andati dispersi, se non perduti irrimediabilmente.

Quanto ai successi ottenuti nelle sue gloriose tournées artistiche, essi non giunsero mai a fargli dimenticare i dolci piaceri della famiglia e l’affetto degli allievi e degli amici che era sempre ansioso e felice di ritrovare al suo ritorno.

Tarrega Francisco - Chitarra Classica - MasteringthestringsLa poetica di Francisco Tárrega si può riassumere in poche righe. Figlio del suo tempo, egli si affacciava ad un mondo musicale sul quale la luce dorata di un romanticismo al tramonto andava stemperandosi dolcemente in quella del nascente Novecento, sicché il suo spirito non conobbe né l’ardore rivoluzionario di un Sor né certe smanie di contestazione del passato, tipiche del nostro tempo. L’opera tarreghiana è specchio di un mondo nel quale l’ideale artistico e lo stile di vita risultano straordinariamente fusi in armonica simbiosi.

Non si può spiegare altrimenti l’evidente contrasto fra la “ingenuità” di tante pagine dettate da una mai rinnegata adesione ad una cultura popolare intrisa di teneri affetti familiari e la nobiltà artistica di altre pagine scaturite da un ammirevole processo di acculturazione. Il suo appassionato interesse non è volto soltanto al versante classico rappresentato da Haydn, Mozart e Beethoven, ma anche a quello romantico di Schubert, Paganini, Schumann, Mendelssohn e Chopin, nonché a quello dei suoi contemporanei Grieg, Albéniz, Verdi e Wagner. E se bisognerà attendere un Chilesotti, un Brüger o un Pujol per riscoprire la musica dei vihuelisti e dei liutisti, Tárrega sarà nondimeno il primo ad arricchire la letteratura chitarristica con le geniali trascrizioni di pagine di Bach e di Händel.


1 – Tanto l’Introduzione che la Conclusione del suo Metodo si risolvono in una vera e propria filippica contro i “maestri” suoi contemporanei (evidentemente di scuola italiana). “Io paragono coloro che insegnano in questo modo ai medici empirici che prescrivono una medicina solo in base ai sintomi, senza conoscere l’anatomia e la chimica, cosa che corrisponde a far fare delle scale, “filare” dei suoni ecc., senza avere prima interrogato la natura sul modo di produrre, cambiare e modificare quei suoni dei quali vogliono insegnare l’impiego. Provate a ragionare con loro: si
arrabbieranno e volgeranno in ridicolo il vostro ragionamento. “Il mio maestro faceva così”, è il loro motto; e se evitano la discussione è perché i loro pretesi principi vengono tutti dalla pratica e per nulla dall’analisi o dalla ragione. Io non mi sono accontentato di ciò che ho imparato dall’esperienza, ossia che le mie dita non hanno tutte la stessa forza né la stessa libertà di azione, ma ho consultato un trattato d’anatomia e uno scheletro per capirne la causa; ed è in seguito a queste conoscenze che ho stabilito i miei principi”.

2 – In un articolo apparso nel 1949 sul n.8 di The Guitar Rewue dal titolo La guitarra y yo, Andrés Segovia scriveva: “…mi sono imposto il dovere di seguire l’esempio di San Francisco Tárrega, che visse e patì per il suo amato strumento, senza sperare né gloria né profitto. Mi ha ammesso alla sua severa regola monastica, e a questa ho giurato
ossequio e fedeltà …”.

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