Se cerchi bene, non manca mai, tra le tante cartoline illustrate esposte nei tornelli accanto alle edicole dei giornalai o nei negozi di souvenir, quella della città di notte: Roma di notte, Milano di notte, Parigi di notte, ecc ..
Si tratti di fontane, di teatri, di obelischi o di antichi ruderi illuminati, vedrai quasi sempre, nella parte bassa della cartolina, le rosse e sinuose scie luminose prodotte dai fanalini posteriori delle automobili.
La lunga esposizione della pellicola, necessaria per effettuare la fotografia notturna, ha “registrato” le infinitesimali posizioni successive delle fonti luminose in movimento, trasformandole in immagini lineari continue.
Questo fenomeno ottico presenta una sorprendente analogia con quanto avviene quando ascolti una melodia. Questa, infatti, risultante dalla successione di singoli suoni, non si può cogliere nel suo insieme come qualcosa di fatto e di finito, ma si realizza soltanto per effetto della registrazione mnemonica dei suoni successivi. La memoria uditiva funziona come la memoria visiva della pellicola e il “tracciato acustico”, registrato da quella, non è meno continuo e sinuoso del tracciato visivo registrato da questa, poiché, anche se i suoni sembrano procedere a balzi o intervalli più o meno ampi (soprattutto nella loro rappresentazione scritta) e non per continui spostamenti infinitesimali, come avviene per i fanalini delle auto, la traiettoria mnemonica che ne risulta è tutt’altro che discontinua.
Un intervallo, infatti, non è uno spazio vuoto fra due diversi suoni, ma un tratto di percorso sonoro ininterrotto che può risultare più o meno udibile all’orecchio, ma comunque ben percepibile dal cervello.
Se io ti chiedessi quale differenza c’è tra una melodia prodotta con una chitarra hawaiana e la stessa prodotta da un computer, sono certo che mi risponderesti: “la prima è dolce e sinuosa, mentre la seconda è fredda e spigolosa”. Dunque, la differenza risiede nel grado dì udibilità del percorso sonoro interno a ciascun intervallo, nel primo caso evidenziato dallo scorrimento lungo la corda della chitarra, nel secondo caso totalmente nullo.
La percezione del percorso interno agli intervalli può risultare più o meno udibile, ma genera comunque nella memoria curve sonore continue, come se fossero prodotte da un generatore di suono che, muovendosi nello spazio, tracci una scia acustica simile a quella visiva prodotta da una fonte di luce.
Per farti una idea concreta di “mobile sonoro” puoi pensare ad un aeroplano, ad un’auto della polizia o alla motrice di un treno in corsa, tutti oggetti mobili che tracciano nell’aria una vera e propria scia sonora, si tratti di un ronzio, di un suono prolungato o di uno sferragliamento.
Ovviamente, più interessante sarà la traccia sonora prodotta dalla voce di una Callas o dal violoncello di un Fournier: se li ascolti bene puoi giungere a sentire le melodie non come semplici successioni di note, ma come tracce continue disegnate nell’aria da una fonte sonora mobile che sale o scende, si avvicina o si allontana, si slancia o ricade, esita o rimbalza, accelera, rallenta, si ferma.
Questa sua mobilità, se ci fai caso, è simile a quella che caratterizza tutti i corpi materiali in movimento: una palla, un’altalena, un acrobata, un pattinatore, un’onda marina,un carrello delle montagne russe, una foglia che cade.
Mossi da un impulso energetico continuo o intermittente prodotto da una forza meccanica, muscolare o gravitazionale, tutti questi oggetti descrivono, con le loro evoluzioni, delle traiettorie che per qualche misteriosa ragione il nostro occhio si compiace di osservare e che talvolta coinvolgono piacevolmente tutto il nostro essere.
Il segreto di questo moto armonico, meno misterioso, risiede nel costante equilibrio tra l’entità dell’energia impressa al mobile e l’entità dell’energia spesa nel movimento: se la forza e la velocità di uno slancio sono esattamente commisurate alla massa del mobile e alla resistenza da vincere, la velocità e il tempo di arresto sono esattamente commisurati all’energia residua da smaltire.
Prova ad eseguire sulla chitarra un questo tratto melodico immaginando che sia prodotto da un mobile sonoro che scende ondeggiando per finire dolcemente la sua corsa:
Nel primo tratto, il moto risulterà lievemente animato per effetto della forza di gravità e di conseguenza i suoni subiranno un’accelerazione verso la nota più bassa, acquistando allo stesso tempo un peso energetico crescente che potrà esaurirsi solo grazie allo smorzamento prodotto dalle due lunghe note finali. Le eventuali indicazioni agogiche (poco accel. e rall.) e dinamiche ( le forcelle) ti potranno essere d’aiuto ma, con o senza di esse, se la tua immaginazione funziona bene, potrai realizzare una curva melodica naturale e perciò stesso bella ed emozionante;