Andar Per Metodi

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I tradizionali metodi per chitarra possono venire classificati in base a tre diverse concezioni metodologiche: empirica, meccanico-analitica e meccanico-anatomica.

La concezione empirica è quella che, eludendo ogni tipo di propedeutica musicale e senza dilungarsi in preamboli descrittivi del gesto strumentale o in esercizi meccanici preparatori, mira alla pratica musicale immediata. I metodi più noti e rappresentativi di questo tipo sono quelli di Carulli, Carcassi, Giuliani, e Sagreras e il loro pregio consiste soprattutto nella qualità musicale dei numerosi e accattivanti studi o esercizi. Va osservato tuttavia che le uniche strutture musicali in esssi contemplate sono del tipo composto melodico-armonico sempre e solo tonale; i passi contrappuntistici che compaiono per lo più in prima posizione, sono del tipo misto, ossia con l’impiego di numerose note a vuoto e poche note tastate.

Del tutto assenti sono le strutture contrappuntistiche pure, ossia costruite interamente con note tastate.La concezione meccanico-analitica fa la sua comparsa con i metodi di Dionisio Aguado (1825), Fernando Sor (1830) ed Emilio Pujol (1934 ÷ 1971) che trattano ampiamente della tecnica strumentale sempre strettamente rapportata a precise finalità musicali: ogni definizione, ogni teoria, ogni scelta meccanica è subordinata alla correttezza del comporre e a ben determinati esiti musicali sempre illustrati con numerosi esempi. Occorre però sottolineare, quanto al Metodo di Sor, che esso va ricercato nella sua edizione originale poiché la deprecabile edizione curata da Napoléon Coste, con l’eliminazione di tutta l’interessante parte trattatistica lo ha ridotto al mero stato di concezione empirica.

Di concezione meccanico-analitica e per certi versi molto simili, sono anche il Metodo di Aguado e anche il più aggiornato metodo di Pujol (1934 ÷ 1971) Escuela razonada de la guitarra basada en los principios de la técnica de Tárrega. Dal punto di vista strutturale quest’ultimo si ispira fondamentalmente all’opera di Aguado ma, quanto ai principi tecnico-estetici, ai concetti al suo Maestro Francisco Tárrega che ritiene fondamentali e immutabili in quanto,“insegnano non solo a risolvere logicamente e in anticipo tutti i problemi noti, ma anche quelli che potrebbero eventualmente presentarsi. Si tratta a suo dire, di una vera e propria “Arte di trionfare sulle difficoltà”.

L’imponente lavoro di Emilio Pujol abbraccia un lungo arco di tempo (1934-1971) e si concretizza in una consistente mole di esercizi su legature, barré, divaricazione delle dita, arpeggi in varie combinazioni a corde contigue e distanti, abbellimenti, suoni armonici e una prolissa serie delle più diverse modalità di scorrimento delle figure melodiche sul manico. L’autore non manca di prendere atto, dopo la prima pubblicazione, che il nuovo repertorio segoviano prodotto da importanti compositori non chitarristi e la successiva comparsa di una letteratura chitarristica atonale esigono modalità tecniche inusitate rispetto a quelle dei chitarristi-compositori del passato e si adopera per aggiornare “con nuovi esempi ed esercizi che possono contribuire a sincronizzare nel modo più efficace le dita con la mente”. Fra i circa 400 nuovi esempi ed esercizi proposti nella IV Parte del Metodo ne figurano alcuni di contrappunto puro come unico reale apporto tecnico innovativo.

Come già nel metodo di Sor e di Aguado, la tecnica strumentale non è mai totalmente disgiunto dalla viva pratica musicale. Quanto al Pujol, l’eserciziario meccanico presenta talvolta una certa aridità che l’autore provvede a stemperare con molti suoi pregevoli Studi originali sempre rigorosamente tonali posti in appendice al metodo.

  • La concezione meccanico-anatomica si basa sull’analisi e il controllo cerebrale e muscolare degli arti intesi come “apparato motore” dell’attività strumentale. Tra i sostenitori di tale concezione v’è chi giunge ad assimilare le funzioni della catena ossea spalla-braccio-mano, a quelle del sistema cinematico di una macchina utensile: il braccio e la mano costituiscono la macchina che porta le dita-utensili a contatto con le corde per porle in vibrazione(1). Al chitarrista viene dunque chiesto di porsi come osservatore sterno e controllore della propria fisicità per analizzare tanto la gestualità visibile quanto l’azione muscolare nascosta, fino al punto di selezionare in ogni istante il più idoneo fascio muscolare da mettere in azione per ottenere un determinato esito dinamico o timbrico, peraltro raramente finalizzato ad una precisa situazione musicale. Tale concezione, che impone allo studente di concentrarsi più sulla modalità del fare che sull’ultima vera finalità del gioco strumentale, ossia la creazione della musica viva, si traduce spesso in elucubrate descrizioni operative che, quando manchi l’esempio sensoriale e visivo, possono risultare incomprensibili se non addirittura paralizzanti (2)

A questa concezione si ispira in particolare il Metodo di Abel Carlevaro: Escuela de la guitarra (1966÷1979). Va subito detto che esso non si connota come un percorso graduale di apprendimento né per un apporto di grande originalità rispetto alla Escuela razonada, anteriore di un trentennio, se non per una certa qual maggiore attenzione volta alla tecnica del contrappunto puro, estrema frontiera del repertorio chitarristico moderno.

Carlevaro ritiene inoltre che la tecnica musicale debba venire appresa attraverso la pratica diretta del repertorio e pertanto elude totalmente le problematiche del giovane principiante (che di un repertorio ovviamente non dispone, né di una matura capacità di ragionamento) per volgersi direttamente ad un allievo adulto che, già addentro negli studi, viene invitato a scegliere i pezzi di suo maggior gradimento e su quelli cimentarsi col ragionamento e una indefettibile tenacia, per superare uno ad uno i passi difficili e gli scogli tecnici a mano a mano emergenti, o per emendarsi da eventuali difetti acquisiti in precedenza. Il riferimento allo studio della fisica meccanica e dell’anatomia in relazione all’attività strumentale porta l’autore ad enunciare una teoria della “fijacion” (fissazione) basata sull’utilizzo cosciente di leve, perni, blocchi delle articolazioni e il coinvolgimento di più o meno grandi fasci muscolari allo scopo di ottenere determinati esiti sonori. Si tratta dunque di una tecnica meccanico-cerebrale fine a se stessa, in quanto la preoccupazione maggiore dello studente non è volta al lato artistico del fare musica, ma al fine principale di produrre suoni senza fare errori.

Ciò che può destare qualche seria perplessità è il tipo di linguaggio musicale adottato nei Cuaderni che, pur essendo esclusivamente tonale, non si spinge di norma oltre l’utilizzo di due elementi musicali dei più statici e inespressivi: per la melodia la scala cromatica e per l’armonia un unico e solo accordo di 7a diminuita ripetuto all’infinito. Ciò si traduce nella proposta pratica di esercizi dalla perdurante, ostinata e monotona sonorità, privi del benché minimo contenuto emotivo e totalmente scollati dalla pratica musicale viva, fatta di ritmi, fraseggi, sfumature dinamiche, agogiche e timbriche.

E’ curioso notare, oltre tutto, come il Carlevaro manifesti un atteggiamento di tipo “salutistico” nei confronti dell’allievo, già considerato dal Pujol come un malato da curare(3) Un simile atteggiamento non può che rivelare i limiti di un iter formativo non privo di qualche seria e ignota lacuna.


1 – M.Sicca, Una concezione dinamica di alcuni problemi chitarristici. (Il Fronimo, Anno VII n.29).

2 – Qualcuno ha detto “Se chiedete a un millepiedi come si muove il quarantesimo piede quando solleva il primo, vedrete che smetterà di camminare”. Il concetto è ben sintetizzato nel noto proverbio francese: “La preoccupazione uccide l’occupazione”.

3 – “L’allievo è per il maestro ciò che il malato è per il medico. Il metodo sarà il formulario nel quale si potranno trovare i mezzi efficaci per una guarigione completa. A tal fine, occorre che l’allievo ubbidisca fedelmente e con attenzione e che il maestro procuri di non sbagliare cura”. (E. Pujol, Escuela razonada).