AMARCORD

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Per la scarsità di risorse economiche non avevo mai potuto frequentare i corsi di chitarra che il Maestro Segovia teneva ogni anno presso l’Accademia Chigiana di Siena e solo nell’estate del ’65 mi si presentò l’occasione di soddisfare quello che per lunghi anni era stato un mio grande desiderio. Partendo dalla Gare de Lyon di Parigi dove mi trovavo in vacanza, salii con grande emozione sul rapido che mi avrebbe portato a Santiago di Compostela. Non ricordo molto del panorama ma mi è rimasto impresso il senso di disagio provato quando, ad una fermata del treno circa a metà del percorso, una piccola folla di povera gente mal vestita salì invadendo i corridoi in ogni angolo in quanto tutti i posti, preventivamente prenotati, erano occupati. Lì per lì mi sembrò semplicemente uno strano abuso delle ferrovie ma il mio disagio si acuì quando, verso mezzogiorno, iniziò la distribuzione dei pasti serviti su grandi vassoi posti alle spalle dei sedili.

Vedere i numerosi padri domenicani bianchi e grossi abbuffarsi senza ritegno sotto lo sguardo delle povere persone e magari affamate e in piedi, fu per me un’impressione che non esito a definire penosa e indimenticabile. Non era forse quel treno diretto ad un luogo di amore e carità? Ma non fu la sola occasione di sconcerto causatami in seguito dall’impalpabile alone di “cattolico” franchismo che pervadeva Santiago. Infatti, il primo giorno successivo all’arrivo, l’intero gruppo degli allievi, accompagnati dal Maestro Segovia, fu condotto a visitare l’interno dell’immenso santuario e quivi invitato dai frati ad effettuare, in un angolo appartato, un breve momento musicale con le chitarre. Non minore sorpresa mi colse quando una domenica mattina capitai in una grande piazza dove uno squadrone di cavalleria disposto su ciascuno dei quattro lati assisteva, quasi a simbolica difesa di un altare posto al centro, alla celebrazione di una messa.

Di ritorno a Milano dopo i quindici giorni trascorsi con il Maestro Segovia, accolsi con vivo entusiasmo la proposta di insegnare chitarra presso una Scuola Musicale; il mio compito era quello di seguire gli allievi di una classe di 12 alunni dell’età media di 14 anni. Si dava allora per scontato che lo studio della chitarra fosse di tale impegno da non consentire un inizio più precoce. Quali testi adottare se non il primo volume del Carulli, rivisto da Benvenuto Terzi e Le prime Lezioni di chitarra di Julio Sagreras nell’edizione originale in lingua spagnolo? Per il primo anno tutto andò liscio, con la gioia e l’entusiasmo alle stelle malgrado il misero e irregolare compenso mensile inferiore del 70% allo stipendio da impiegato che avevo lasciato. Ma un’inattesa e deludente sorpresa mi si presentò quando alla ripresa dei corsi del secondo anno si iscrissero solo 4 dei 12 allievi dell’anno precedente.

Fu per me inevitabile ricercare le ragioni di una tale débâcle e, scartato ogni dubbio sulla buona condotta del mio operato, mi convinsi che essa era da attribuirsi alla scarsa efficacia dei due testi impiegati. L’assoluta carenza di informazioni tecniche, date per scontate in entrambi i due cosiddetti Metodi (in realtà null’altro che raccolte di piacevoli pezzi difficilmente eseguibili in maniera agevole e soddisfacente senza il possesso di una buona tecnica di base) decisi di crearne uno mio proprio e fu così che nacque, nel 1966, la mia prima opera didattica con il titolo 20 Lezioni di Tecnica Elementare.

Tale lavoro ancora oggi reperibile nel catalogo del gruppo editoriale Volontè & Co. contiene 20 brevi Lezioni vertenti sulla postura del corpo e delle mani, sull’ubicazione delle note, sui tipi di tocco, sui bicordi e le più comuni figure accordali e arpeggiate. Ero convinto che dopo lo svolgimento di una fase propedeutica di studio così concepita, l’allievo sarebbe stato in grado non solo di praticare in maniera soddisfacente i brani di un repertorio di grado elementare ma sarebbe risultato correttamente predisposta per proseguire con passo sicuro e spedito verso il ben più impegnativo repertorio novecentesco.

D’altro canto, posto che la graduale acquisizione dell’abilità manuale è resa possibile da un’assidua pratica degli esercizi di tecnica, per lo sviluppo dell’intelligenza musicale, del gusto e della sensibilità artistica degli allievi non v’è di meglio che indirizzarli allo studio del più vario repertorio considerato sotto il profilo storico, stilistico e formale. Non poteva ovviamente essere sufficiente quello contenuto nei due soli testi su menzionati poiché Carulli e Sagreras non erano che due fra i numerosissimi autori di più o meno pregevoli perle musicali reperibili in un immenso corpus di livello elementare che però, a quel tempo, era disperso in mille rivoli editoriali; occorreva ricercarli ed eventualmente ordinarli per grado di bellezza e di complessità.

Il caso volle che passando come ogni anno le vacanze estive a Modena presso i miei nonni, mi recassi spesso a suonare la chitarra per passatempo nel laboratorio di liuteria dei fratelli Masetti situato in Rua Freda. Fu là che appresi dell’esistenza in città di una grande e fornitissima biblioteca di spartiti per chitarra delle più varie edizioni italiane e straniere di proprietà di un nobile di nome Benedetto Berlini, e fu là che trovai non solo le pagine di Recuerdos de la Alhambra, brano spesso trasmesso via radio che suonavo solo ad orecchio, ma anche un cospicuo numero di Metodi e spartiti dei più disparati autori e delle più disparate edizioni.

Se tuttavia si considera che all’epoca non esisteva la possibilità di fare fotocopie, era impensabile poter fornire ad eventuali allievi tutte le rare e costose pagine originali; non si sarebbe potuto fare altro che copiarle a mano. La soluzione più logica restava dunque quella di vagliare e raccogliere in un solo volume i brani più utili degli autori più importanti ordinandoli per grado di difficoltà. Fu così che nel 1966 mi adoperai per pubblicare, a mie spese, l’antologia dal titolo Il Primo repertorio del chitarrista presso l’editore Bèrben.

Superati con esito soddisfacente i primi due anni di insegnamento, si trattava di ampliare la disponibilità di repertorio didattico non solo musicale ma anche e soprattutto tecnico. A questo proposito, va ricordato che per acquisire una buona tecnica lo studente di chitarra dei primi anni ’50 poteva disporre di un assai limitato materiale di studio:
le scale tonali di un Sagreras o di un Prat; gli arpeggi dell’Op.1 di Giuliani e dell’Op.114 di Carulli e, nel migliore dei casi, gli esercizi del 3° volume del Pujol ancora fresco di stampa.

I Maestri della scuola chitarristica italiana, Romolo Ferrari in testa, folgorati dal luminoso astro segoviano, cercavano inutilmente la via di una radicale riforma o di un aggiornamento, destinati entrambi a rimanere disattesi. Quanto a me, combattuto fra i dubbi dell’autodidatta e la mancanza di una felice predisposizione naturale, non potevo che sperare negli esiti di uno studio accanito ma intelligente. E a tanto devo la maturazione dell’idea di un procedimento tecnico che rispetto alla vecchia scuola poteva definirsi rivoluzionario in quanto totalmente atonale.

Composto nel 1971 ma dubitando che la sua stesura numerica possa suscitare la perplessità di un editore di musica, decido di stamparlo a mie spese con il titolo Il dominio delle corde e si rivelerà, in pratica, il mio “patentino da concertista”.

Mauro-Storti-Il-Dominio-delle-Corde

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La storia qui raccontata sarebbe incompleta se non venissero a questo punto introdotte ulteriori considerazioni di capitale importanza riguardanti un tipo di tecnica del tutto ignota: la tecnica espressiva.
Il percorso artistico di uno strumentista non può dirsi completo se egli non dispone dei mezzi della comunicazione musicale che consistono tecnicamente nelle specificità dinamiche e timbriche del tocco, elementi sempre ignorati sia nei vecchi che nei nuovi metodi. A tale deplorevole carenza, grave soprattutto per uno strumento in cui è la corda stessa, generatrice del suono, a venire posta in vibrazione con le dita, ho ritenuto essenziale creare appropriati esercizi sulle varie tecniche del tocco pubblicati nel 1976 con il titolo L’arte della mano destra. In conclusione, il frutto della ricerca sulla natura tecnica e musicale della chitarra condotta a beneficio mio e dei miei allievi risulta pressoché ininterrotta dal 1966 a tutto il 2023 come risulta dalla seguente scansione cronologica delle mie pubblicazioni.

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Cronologia Pubblicazioni

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