PREMESSA
Avviene oggi, con sempre maggiore frequenza, che genitori premurosi di avviare precocemente i loro bambini allo studio della musica li iscrivano, spesso dietro loro precisa richiesta, ad un corso di chitarra.
Quale sia la motivazione di tale scelta e quale senso possa avere per un bambino l’approccio alla chitarra, sono domande alle quali si possono dare due semplici risposte: egli può essere rimasto colpito nel sentir suonare lo strumento dal vivo o in televisione, oppure i suoi genitori, appassionati di musica sono convinti che la pratica musicale può costituire una preziosa risorsa per la formazione della sua personalità poiché si può affermare, in effetti, che fra le tante attività culturali, artistiche o sportive come lingue, disegno, pittura, ceramica, nuoto, pallacanestro, tennis, judo, ecc. pur utili o necessarie nessuna è paragonabile, per l’abbondanza di fattori formativi, ad una seria pratica musicale.
Tali fattori possono così riassumersi:
1. Acquisizione di una coscienza posturale.
2. Sviluppo della coordinazione rapida tra pensiero e azione.
3. Sviluppo dell’abilità manuale.
4. Sviluppo dei diversi tipi di memoria: mentale, visiva, tattile e uditiva.
5. Sviluppo dell’orecchio, del senso melodico, armonico, dinamico e timbrico
6. Apprendimento della lettura musicale tradizionale.
7. Apprendimento di sistemi alternativi di notazione.
8. Sviluppo del senso ritmico.
9. Acquisizione del senso estetico e della costruzione formale.
10. Richiami e collegamenti storici, antropologici e linguistici.
11. Richiami alla fisica acustica.
12. Sviluppo dell’immaginazione, della fantasia, del senso poetico e teatrale.
Ciò premesso, va considerato che spesso la chitarra non è per il bambino che un giocattolo con il quale si possono produrre rumorosi accordi. La disinvolta e a suo modo suggestiva gestualità che può avere l’occasione di ammirare in certi campioni televisivi, può indurlo a ritenere estremamente facile l’uso di quello strumento brandito a mo’ di mitra o di lancia (anch’essi giocattoli, ovviamente!), in quanto non può rendersi conto che l’apparente facilità che osserva non è che un effetto illusorio risultante da un lungo esercizio. L’entusiasmo del piccolo apprendista, messo alla prova, non tarderebbe a svanire rapidamente di fronte al fatto che il compito di fare e concatenare qualche sospirato accordo, si rivelerebbe assai più difficile del previsto, se non addirittura irraggiungibile.
In effetti la chitarra, dal punto di vista puramente fisico, è certamente il più difficile fra gli strumenti, tanto che non se ne trova alcuna traccia nelle metodologie di grandi didatti come Dalcroze, Orff e Willems, evidentemente consapevoli della reale impossibilità che un bambino di 6/7 anni sia in grado di reggere lo strumento, premere le corde con una forza adeguata e acquisire una tecnica complessa, per quanto di grado elementare.
Non deve dunque sorprendere che di fronte ad un piccolo allievo di 6 o 7 anni, un insegnante coscienzioso possa venire a trovarsi in imbarazzo per tre rilevanti motivi:
1. l’insufficiente prestanza fisica del bimbo;
2. l’indeterminatezza delle sue motivazioni;
3. la carenza di appropriate e sperimentate metodologie didattiche.
Posto che una sufficiente maturazione psico-fisica del giovanissimo apprendista richiede nel migliore dei casi non meno di due anni, l’insegnante deve poter disporre di un piano di studio alternativo che, per non perdere la sua efficacia in così lungo arco di tempo, non può che essere di tipo ludico, ovvero congegnato come un gioco e tale da escludere l’obbligo rigoroso dell’esercizio domestico giornaliero, né più né meno come avviene quando si tratti di attività sportive, anche perché la pratica di esercizi propedeutici al di fuori di un continuo ed accurato controllo dell’insegnante, può risultare più dannosa che utile 1.
Per aggirare tali ostacoli una mia ostinata ricerca condotta a partire dal lontano 1980, si conclusione con l’invenzione di un sistema di ponticelli mobili e con la conseguente progettazione di un corso propedeutico con la chitarra preparata.
La novità del metodo, assolutamente originale e nuovo rispetto al normale uso dello strumento, consiste in un suo impiego informale che, con l’uso della sola mano destra, consente di realizzare con incredibile immediatezza e senza alcun preventivo tirocinio tecnico né per l’insegnante né per gli allievi
• melodie in tutti i toni e modi;
• accordi e arpeggi di ogni specie per l’accompagnamento elementare;
• gamme tonali, modali, pentatoniche, cromatiche, esatonali e quartitonali per l’invenzione e l’improvvisazione melodica;
• ostinati, accordi, arpeggi, effetti speciali per la sonorizzazione di filastrocche, fiabe e azioni sceniche;
• brani per ensembles di tipo orchestrale.
Si tratta dunque di un lavoro che seppure non propriamente finalizzato allo studio della chitarra costituisce il primo passo di un serio progetto didattico di lungo respiro perfettamente inserito nel normale percorso di studio dello strumento.2
[1] “E’ meglio, quando si danno le prime lezioni ai bambini, non farli studiare in assenza del professore: i piccoli sono troppo dissipati per costringersi a tenere le mani nella posizione che si è indicata loro; dal canto mio, all’inizio porto con me la chiave del cembalo per evitare che, in mia assenza, possano rovinare in un istante ciò che ho accuratamente insegnato loro per tre quarti d’ora”. (François Couperin : L’art de toucher le clavecin, 1716).
[2] Non possono di certo considerarsi “di lungo respiro” quei cosiddetti “metodi” la cui meta più ambiziosa consiste nel far suonare al bambino qualche semplice canzoncina appresa per imitazione, senza curare le prime fondamentali basi della formazione strumentale.