L’Approccio sensoriale allo studio della chitarra classica

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Le due immagini seguenti tratte dai metodi per chitarra di Gaspar Sanz e Fernando Sor mostrano quello che era da ritenersi, fin dal XVII secolo, l’assetto più funzionale della mano sinistra per eseguire un repertorio musicale costituito in massima parte da semplici sequenze accordali o da melodie accompagnate con un’esile voce di basso, come il seguente Larghetto di Carulli:

Mauro Storti - Approccio Sensoriale alla chitarra - Fig. 1In una specie di catalogo composto da un congruo numero di analoghe figure accordali, il chitarrista poteva trovare, come in un prêt-à-jouer, i moduli più comuni da applicare con l’immediatezza del riflesso condizionato, ad ogni situazione musicale. E’ da tale sistema che prese avvio tanto lo sviluppo della letteratura solistica che, parallelamente, la più nota metodologia didattica ottocentesca.
Nell’immagine di Sor si può notare la presenza di una linea A-B che, al di là della sua pura geometricità, introduce un elemento affatto nuovo nella didattica chitarristica: un asse di figura[1] che, a ben guardare, non include il dito mignolo. Se applicato alle griglie accordali più semplici impiegate ancora oggi, esso risulta per lo più obliquo e sinistrorso, esattamente come appare in quella rappresentazione.

Mauro Storti - Didattica chitarra - F. Sor e la figura accordale

 Dopo Sor occorrerà attendere non meno di tre quarti di secolo per scoprire in un metodo inedito di Luigi Mozzani (1869-1943) le sorprendenti immagini seguenti a rappresentare un diverso assetto basilare della mano e delle dita, incluso il mignolo[2]

Mauro Storti - Mozzani - assetto basilare della mano sinistra A giustificazione di tale storico cambiamento che curiosamente Mozzani rende noto solo nel 1909 in coincidenza con la scomparsa di Tárrega, si può leggere quanto segue:

” Giunto al quarantesimo anno di mia vita, conscio di possedere una fama non comune tra i concertisti di chitarra applauditi in Italia ed all’estero, ho dovuto non dimeno convincermi di trovarmi sopra una via assolutamente sbagliata riguardo al mio sistema di suonare (ed è il più comune tra noi), sistema che mi impediva di raggiungere quella finezza di esecuzione che l’istrumento può permettere. Decisi quindi di trasformare radicalmente cotesto sistema cercando di evitare quei difetti capitali di cui la mia lunga esperienza mi aveva fatto capire.
E cioè:
Primo Errore – quello di tenere in certi casi il mignolo appoggiato sulla tavola armonica, come indicano molti metodi, compreso quello del celebre Sor…

Secondo Errore – l’abuso del tremolo sul cantino, che per essere libero dal lato esterno, permette alle dita un’articolazione soverchia…….

Terzo Errore – l’eccessiva durezza dei calli alla punta delle dita della mano sinistra, durezza che impedisce quasi in modo assoluto il legato ed il pizzicato e produce in oltre un sibilo o suono aspro, sgradevolissimo, ad ogni portamento di voce, specialmente nelle corde ramate (basse).

Queste ed altre osservazioni mi indussero, ripeto, a sconvolgere tutto il mio sistema di suonare e, benché non più giovane, debbo convenire di averne tratto dei vantaggi non indifferenti. Certa musica difficile la cui esecuzione mi costava prima sforzo e fatica, ora mi riesce facile e chiara. Ed è stato appunto durante cotesta evoluzione che ho composto in tre anni una serie di esercizi a me necessari e non trovati in altri metodi pubblicati fin qui[3].

In aggiunta a tali sue considerazioni non è difficile immaginare che oltre alla deprecata durezza dei calli e alla sempre meno affidabile impronta delle corde sui polpastrelli, egli provasse un’altra seria difficoltà ad allargare le dita a causa dell’eccessivo ripiegamento a riccio dell’indice, tanto da dover ricorrere all’uso di “legnetti” per aumentarne la divaricazione.
E’ importante sottolineare, d’altro canto, come già ben prima del 1909 la pratica di figure accordali ad asse orizzontale fosse ormai divenuta ineludibile per chi volesse eseguire il repertorio del grande Maestro spagnolo, largamente diffuso e apprezzato ma tecnicamente assai più complesso di quello ottocentesco.

Tarrega e Mozzani

L’evidente accresciuta complessità di tale repertorio che lo stesso Mozzani inseriva timidamente nei suoi concerti accanto a quello più nutrito dei classici non poteva che averlo indotto a ricercare un aggiornamento della sua tecnica e al conseguente nuovo orientamento della didattica verso procedimenti capaci di restituire alla mente e alle dita una più pronta libertà di concezione e di azione.
La lettura dei pochi stralci del metodo di Mozzani, contenuti nel pregevole e meritorio lavoro di Giovanni Intelisano, rivela la frustrazione di un uomo che giunto “ nel mezzo del cammino” della sua vita, scopre che pur avendo acquisito “ una fama non comune tra i concertisti di chitarra” ha seguito una strada sbagliata. Egli sembra volersene fare una colpa ma, a ben vedere, la colpa primigenia sta solo nella mal riposta fiducia in una metodologia pietrificata che, vecchia di due secoli e mezzo e sebbene abbracciata anche da Fernando Sor, avrebbe dovuto occupare da tempo un più degno e meritato posto nel museo dell’archeologia musicale.

Sono pochi i Maestri del passato che pur avendo percepito, seppure sempre in ritardo, le metamorfosi ininterrotte del linguaggio musicale, si siano poi adoperati per adeguare a queste, passo dopo passo, la didattica dello strumento. Mozzani è il solo che, rendendosi conto dell’ormai insuperabile gap venutosi a creare fra il nuovo repertorio e la tecnica, lo denuncia con grande coraggio, mettendo tutto se stesso apertamente e onestamente in discussione, fino a “sconvolgere tutto il [suo] sistema di suonare” e spendere ben tre anni per comporre una serie di esercizi “mai trovati in altri metodi fino allora pubblicati”.

Non rimane ora che chiedersi quale insegnamento si possa trarre dalla deludente esperienza dell’illustre Maestro faentino, passata fino ad oggi pressoché inosservata, per volgerla a beneficio di quanti vogliano impostare un nuovo e serio programma di studio imboccando una strada diritta e scevra da cattive sorprese. Si tratta di riconoscere la necessità di impostare una nuova didattica di base fondata su più salde modalità di apprendimento, tali da assicurare un percorso lungo e senza ripensamenti poiché, come scrive Sor e come insegna l’esperienza:

“Ad una certa età è difficile lottare contro la piega che le dita hanno preso in seguito ad una lunga abitudine”.

Il concetto di asse di figura, affatto nuovo e mai teorizzato da alcuno prima d’ora, può rivestire una funzione di importanza rilevante tanto sul piano teorico che pratico e non sarà pertanto inutile soffermarsi su di esso per una analisi più approfondita.
Innanzitutto va precisato che la sua caratteristica essenziale è la disposizione su una stessa retta ideale dei due poli estremi della mano, ossia indice e mignolo (fig. g).

Mozzani - figure ad asse orizzontale.Quanto al medio e all’anulare, posta ferma la persistenza dell’asse 1-4, la loro collocazione può essere la più varia: dall’allineamento su una stessa corda ad ogni altra dislocazione possibile sulle altre corde (fig. h, i, l):

Mauro Storti su Mozzani - figure ad asse orizzontale.

TEORIA DELL’APPROCCIO SENSORIALE

Lo studente di chitarra alle prime armi che si accomoda su una sedia, pone un piede su uno sgabello e imbraccia lo strumento accingendosi a suonare, forse non sospetta quanti e quali dei suoi sensi vengono chiamati in causa contemporaneamente, quasi ad avvolgere l’intera sua persona in una fitta rete di sensibilissime antenne.

Dei cinque sensi solitamente più citati: la vista, il tatto, l’udito, il gusto e l’olfatto, solamente i primi tre possono sembrargli i soli sui quali egli possa e debba necessariamente contare: la vista, per leggere le note e guardare la tastiera; il tatto, per collocare con precisione le dita sulle corde; l’udito, per verificare l’esattezza e la qualità dei suoni. Tanto può sembrargli sufficiente, ma un altro importante senso del quale più o meno consapevolmente non può fare a meno, è il senso cinestesico, ovvero la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio, l’ampiezza e la direzione dei propri gesti e, soprattutto, lo stato di contrazione o di rilassamento dei propri muscoli.
Esclusi ragionevolmente tanto il senso del gusto che quello dell’olfatto, non rimane che volgere l’attenzione a soli quattro sensi da non considerare singolarmente ma in una visione globale per la loro stretta interconnessione: la vista, il tatto, l’udito e il cinestesico.

Il primo e più semplice compito che si prefigge un principiante che possiamo immaginare sistemato correttamente nella “posizione” che gli è stata indicata, è quello di sollecitare con un dito della mano destra una corda per produrre un suono preparato con la mano sinistra:
A tal fine i sensi posti in azione sono tre: la vista, diretta al dito, al tasto e alla corda; il tatto esplorativo, utile a fargli “sentire” la corda sotto il polpastrello in prossimità della barretta e il senso cinestesico per applicare alla corda una pressione che non sia né eccessiva né scarsa, e valutare la tensione nel braccio e nella mano destra nell’effettuare un qualunque tipo di tocco.

F.Sor - Come tastare una corda.

L’ulteriore e più impegnativo passo destinato a condizionare pesantemente l’assetto e l’azione della mano sinistra è la collocazione simultanea di più dita sul piano della tastiera per formare figure accordali vincolate o transitorie. In tal caso, l’intervento del senso cinestesico assume un’importanza capitale per valutare le distanze nei salti di corda e di posizione, l’entità della forza di divaricazione della mano, la gestualità nella formazione delle figure nonché la velocità e la coordinazione fra le due mani.

PRATICA DELLA TECNICA SENSORIALE

In base a quanto premesso, si deve prendere atto che la maggiore o minore abilità tecnica di un chitarrista dipende dal più o meno alto grado di perfezione del complesso reticolo sensoriale che, nel migliore dei casi, egli può avere ereditato gratuitamente, per via genetica, oppure acquisito altrimenti con lo studio e la pratica di esercizi appropriati. Con ciò si spiega come nel mondo musicale, e chitarristico in particolare, accanto alle rare figure di eccezionale valore ve ne siano infinite altre che, pur meno dotate, hanno saputo raggiungere livelli di tutto rispetto con uno studio tenace e intelligente.

Tenace nello studio fu senz’altro Luigi Mozzani[4] e, se ci chiediamo se fu anche intelligente, la risposta è sì poiché, essendo nato ben 19 anni prima del Capriccio Arabo, egli non poteva disporre d’altri metodi che quelli di Aguado e di Sor[5]

Il ricorso all’impiego ragionato del complesso reticolo sensoriale in atto nel gioco strumentale può imprimere un nuovo e considerevole impulso al rinnovamento della didattica di base purché si decida di abbandonare l’idea corrente di poter acquisire una grande tecnica applicandosi solamente allo studio indefesso dei pezzi, per procedere in senso opposto, ossia al metodico sviluppo di una tecnica sensoriale completa e adeguata ad ogni tipo di repertorio. E’ormai provato da lungo tempo che tale via è la più breve e la più sicura e per imboccarla non resta che affidarsi fin dal primo approccio agli esclusivi e innovativi esercizi di tecnica sensoriale contenuti nel testo Il Dominio Delle Corde.[6]

Per spiegare in che cosa consista il lato sensoriale di tali esercizi basterà illustrare per sommi capi le loro caratteristiche e gli effetti formativi indotti dalla loro pratica.

I. Sulle lezioni melodiche

Gli esercizi melodici raccolti nelle prime 13 Lezioni sono organizzati in cellule elementari o moduli di tipo bipolare, tripolare e quadripolare:

Mauro Storti - Moduli MelodiciUna prima applicazione dei moduli, in senso longitudinale, consiste nel loro trasporto lungo il manico in salita e in discesa su Posizioni non contigue.

Una seconda applicazione, in senso trasversale, consiste nel loro trasporto su corde contigue e separate dalla 6a alla 1a e viceversa entro una stessa Posizione.
In particolare va chiarito che l’insistente ricorso alla figura basilare di assetto 1- 4, corrispondente ad un intervallo di 1 tono e ½, è conseguente all’adozione del sistema atonale, scelto per obbligare la mano ad assumere un persistente assetto frontale.

Quanto al gioco sensoriale ed agli effetti indotti, si possono così riassumere:

• La pratica delle legature discendenti impone alla mano una divaricazione più o meno ampia per consentire al dito che deve effettuare la trazione di disporsi in prossimità della barretta anteriore e assumere la necessaria curvatura.

• Le legature ascendenti producono l’effetto di sensibilizzare la mano al gioco bilanciato delle forze tra le zone estreme della mano, rinforzando quella ulnare.

• L’esecuzione delle legature richiede un costante e delicato aggiustamento della direzione e dell’entità delle forze in gioco che nelle varie zone del manico vanno soggette a sensibili variazioni tanto per la diversa tensione delle corde che per la loro distanza dal piano di tastatura.

• La mutevole posizione delle legature sviluppa la perfetta sincronia tra le due mani e la comprensione logica del fraseggio.

• Malgrado la fissità numerica del modulo scelto, la mente dell’allievo rimane costantemente concentrata sul controllo simultaneo dei salti di corda, dei salti di Posizione e della distribuzione delle legature, né più né meno come deve avvenire nell’esecuzione di un pezzo.

• Con la pratica dei salti di posizione lo studente acquisisce gradualmente il pieno possesso longitudinale della tastiera, tanto sotto l’aspetto fisico (valutazione sensoriale della distanza fra i tasti e della loro ampiezza) che acustico (percezione uditiva e memoria degli intervalli musicali).

• Il continuo gioco di aggiustamento della divaricazione delle dita richiesto dalla diversa ampiezza dei tasti, conferisce alla mano e al braccio una grande e pronta elasticità di azione.

II. Sulle lezioni polifoniche

Gli esercizi raccolti nelle 13 Lezioni contrappuntistiche sono organizzati in moduli quadripolari a due voci:

Mauro Storti - Moduli quadripolari a due voci.Lo sviluppo assai più complesso di tali esercizi non è più solo lineare ma planare, in quanto risultante dalla combinazione dei salti di Posizione sul manico con la simultanea e cangiante dislocazione dei poli su corde contigue e separate, a formare le più varie figure ad asse orizzontale e inclinato (fig. h, i, l).

L’attività sensoriale tocca qui il suo punto di massima efficienza, producendo effetti che si possono così riassumere:

• La pratica dello staccato consente il preciso controllo dell’entità della forza di pressione sulle corde di ogni singolo dito.

• Con l’applicazione sistematica e obbligata dello staccato di sinistra si affina il controllo della precisione nella collocazione delle dita sulle corde.

• Il gioco alterno dei muscoli flessori ed estensori della mano e del braccio conseguente alla pratica dello staccato è la valvola di sicurezza per scaricare tensioni inutili e persistenti che possono avere conseguenze serie e dolorose.

• La rapidità di azione dei muscoli estensori nell’effettuare il distacco delle dita dalle corde è la condizione primaria per l’acquisizione di un’alta velocità.

• Il gioco differenziato dei suoni nelle voci in contrappunto, sviluppa di pari passo con un’estrema sensibilità uditiva, la più sciolta dissociazione cinetica e dinamica delle dita.

In conclusione, con la ripetizione frequente e costante degli esercizi modulari, non si incrementa solo lo sviluppo del semplice controllo visivo e tattile ma si può giungere gradualmente al più alto grado di affinamento del senso cinestesico, fino al punto di potere eseguire un brano anche solo mentalmente, senza guardare lo strumento e pensando unicamente alla musica.


[1]. Sulle “figure libere, vincolate e transitorie” v. M. Storti, TRATTATO DI CHITARRA, Parte IV  (Volontè &Co).

[2]. Il metodo inedito qui citato non è da confondersi con la raccolta di  esercizi di impronta tradizionale scritti dal Mozzani prima del 1898 e pubblicati con  la revisione di Carmen Lenzi Mozzani dalla casa editrice Bèrben nel 1967 con il titolo Esercizi di Tecnica Superiore.

[3]. Giovanni Intelisano, LUIGI MOZZANI, vita e opere, pag, 117 (Minerva Edizioni).

[4]. I precedenti Esercizi di Tecnica Superiore “di energica efficacia e utilità” (Carmen L.Mozzani) erano destinati ad allievi che avessero già una preparazione ed una impostazione “di buona scuola” non sono diversi da quelli  usuali di impronta tonale (scale, accordi, arpeggi) che per le faticose sequenze di barré da fare scorrere “fino alla IX posizione e ritorno”, allo scopo di sviluppare una straordinaria e sostenuta forza di pressione e acquisire un maggiore allargamento delle dita.

[5]. Se poniamo la stessa domanda ai giovani studenti di chitarra dei nostri giorni, è inutile negare che la risposta sarebbe assai poco entusiasmante sia per quanto riguarda la tenacia, parola ormai quasi caduta in disuso, che l’intelligenza, volta ancora supinamente all’impiego delle obsolete metodologie ottocentesche.

[6]. Mauro Storti, Il Dominio delle Corde (Volontè&Co).

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